L’Italia non è più un paese (in Europa) in grado di offrire un futuro roseo ai giovani provenienti da situazioni svantaggiose: questa è l’amara verità alla quale ci sottopone uno studio “Ocse”. Valutando, infatti, i risultati ottenuti nel test denominato “Pisa 2015”, si può notare come, solamente il 20,4 per cento di questi ragazzi lo riesca a superare in modo soddisfacente.

La media Europea, al contrario, si attesta attorno al 25,2% toccando, però, anche picchi del 32,3 e del 39,1 rispettivamente in Germania ed in Finlandia. Preoccupante, in assoluto, è il calo vertiginoso che l’istruzione del Belpaese ha subito in soli tre anni con la perdita di più di 4 punti percentuali.

In sostanza dunque, la scuola “nostrana” riesce ad aiutare davvero poco gli studenti provenienti da degli ambienti socio-economici poco sviluppati.

Anche il test “Invalsi”, nel nostro territorio, conduce ogni anno delle ricerche che dovrebbero facilitare l’individuazione delle varie carenze. Questo non avviene però perché, pur valutando due aspetti fondamentali per lo sviluppo cognitivo (lettura e matematica), essi forniscono anche dati emblematici di questo stato arretrato.

Quali sono le problematiche strutturali italiane?

Ormai pare un dato di fatto che, gli organi disposti per lo sviluppo dei ragazzi italiani, non riescano a diminuire il divario che vi è tra gli studenti provenienti da ambienti sociali abbienti e coloro che dovrebbero aumentare il loro indice di resilienza (capacità di un individuo di superare una situazione traumatica o una fase di difficoltà).

Dal 2014, anno nel quale il Governo ha iniziato a lavorare sulla legge denominata “buona scuola”, dei sostanziali cambiamenti sono avvenuti nel nostro sistema scolastico: più strumenti tecnologici, più assunzioni di docenti, inserimenti anche di ore destinate all’alternanza scuola-lavoro e quindi un occhio vigile sul futuro.

Se, dunque, da un lato, questo “innovativo” disegno di legge ha favorito l’ampliamento di posti di lavoro nel sistema dell’istruzione, dall’altro ha creato qualche dissenso e non poche polemiche. Secondo i dati “Ocse”, infatti, gli aspetti positivi per lo sviluppo italiano sarebbero il clima scolastico e le poche assenze. Quindi, analizzando la sinergia che si crea tra le due facce della stessa medaglia (buona scuola e dati Ocse) possiamo constatare che le parti in causa cozzano tra loro.

Da un lato, la nuova legge scolastica italiana, pur volendo aiutare la crescita interna, ha minato le certezze dei docenti che, vedendosi minacciati da questi nuovi progetti lavorativi, risultano scettici riguardo alla validità effettiva di queste proposte, mettendo a repentaglio il clima disteso creatosi all’interno della scuola.

Il secondo aspetto, invece, è quello dell’approccio degli studenti: con le 400/200 ore di alternanza scuola-lavoro, negli ultimi anni, si sono create nuove fonti di distrazione. Molte volte, infatti, i luoghi dove i ragazzi vengono indirizzati non aiutano la loro crescita ma ne semplificano la distrazione. Queste ore, effettuate anche fuori dall’orario scolastico, distolgono dallo studio e in seconda istanza incrementano le assenze “strategiche” utilizzate per far fronte alla “stanchezza” e al poco tempo rimasto per l’approfondimento personale.