Anche in Italia sarà sperimentata la pistola elettrica denominata taser, dal marchio di fabbrica più famoso di questi dispositivi che utilizzano l'elettroshock. La nuova arma prevede una scarica elettrica, una scarica ad alta tensione e bassa intensità di corrente, in grado di immobilizzare il bersaglio colpito, facendone contrarre i muscoli. Le armi in dotazione alla Polizia di Stato e al corpo dei Carabinieri saranno testate in 6 città italiane: Milano, Brindisi, Caserta, Catania, Padova e Reggio Emilia. La circolare firmata dal capo della direzione anticrimine reca la data del 20 marzo, nonostante i provvedimenti per l'applicazione della nuova dotazione risalgano al lontano 2014, anno in cui, con Angelino Alfano al ministero dell'Interno, era stato approvato un emendamento nel decreto legge sulla sicurezza negli stadi, prevedendo un suo utilizzo da parte dei reparti mobili.

Il segretario generale della Polizia di Stato, Stefano Paoloni, ha mostrato soddisfazione per "uno strumento fondamentale", che potrebbe far diminuire drasticamente i contatti fisici corpo a corpo tra gli agenti e gli aggressori, motivo - secondo il suo parere - di forte contrasto nella nazione, e incentivo per una propaganda anti-polizia nel Paese. I taser andranno ad aggiungersi all'utilizzo già ampiamente consolidato dello spray al peperoncino, volto anch'esso ad evitare un confronto ravvicinato tra le forze dell'ordine e gli antagonisti.

Le pistole in dotazione saranno 30 in totale, egualmente ripartite all'interno delle città destinate alla Sperimentazione, e si tratterà del modello X2 che prevede una scarica elettrica ad intensità regolare con durata controllata di 5 secondi, una copertura d'impatto massimo fino ad una distanza di 7 metri, sistema di mira con doppio puntatore e la possibilità di scagliare un colpo di riserva prima di ricaricare l'arma.

Al fine di un controllo sulle modalità d'utilizzo, sarà poi previsto il ricorso ad una particolare divisa che recherà una telecamera a colori ad alta definizione, in grado di attivarsi allo sganciamento della sicura del taser.

Amnesty International, tuttavia, ha raccomandato un utilizzo proprio e discreto dell'arma, ricordando come anche questi strumenti di portata non letale possano risultare fatali in alcune circostanze.

Il portavoce dell'associazione, Riccardo Noury, ha affermato che Amnesty International monitorerà l'introduzione delle nuove armi in Italia, sottolineandone la massima prudenza nell'utilizzo, e ricordando come molte ricerche negli USA e in Canada abbiano accertato una correlazione tra il ricorso al taser e la morte di alcune persone.

Sovranità ed esercizio del potere: le morti sospette negli USA

Il taser è stato definito un'arma non letale, utilizzata in modo ricorrente in stati come gli USA, connotati per un uso non particolarmente discreto dei mezzi a disposizione. Un paese dilaniato dal problema del porto d'armi e di un uso massiccio e talvolta sregolato da parte dei detentori, che registra di anno in anno centinaia di morti a causa delle ferite d'arma da fuoco. L'azienda di pistole ad elettroshock - da cui il taser ricava il proprio nome - ha da qualche tempo deciso di cambiare la denominazione del proprio marchio di fabbrica, a causa del collegamento rapido tra la società e un numero di morti sospette - oltre 800 dal 2001 - di soggetti su cui era stato usato un taser.

L'arma ricorre ad una scarica elettrica per paralizzare i movimenti del soggetto colpito, facendone contrarre i muscoli; le moderne tecnologie hanno permesso, peraltro, di arrivare ad una completa immobilizzazione del corpo umano a seguito della violenta scarica elettrica prodotta dalla pistola, innovando così il modello base introdotto intorno agli anni '70.

Le morti sospette non sembrano poter essere ricollegate direttamente alla sola scarica elettrica, ma sarebbero frutto di una combinazione letale con problemi cardiaci già connaturati nei soggetti colpiti, o con chi si trovi in particolari stati di alterazione. Dichiarare la non letalità dell'arma potrebbe suonare quale un nullaosta al suo utilizzo, nonostante il monito lanciato dall'ONU nel lontano 2007, anno in cui l'arma è stata considerata come uno strumento di tortura.

La questione sulla liceità è stata sollevata a causa del ricorso al taser in circostanze frenetiche e concitate, attimi in cui logicamente non potrebbe esserci un controllo dello stato di salute del soggetto su cui si punti il mirino, facendo rimanere alta la probabilità di centrare un individuo particolarmente sensibile alle scariche prodotte.

La motivazione che legittima l'introduzione della nuova arma all'interno dei reparti d'ordine pubblico, è la volontà di evitare conflitti ravvicinati tra le forze dell'ordine e gli aggressori, riducendo da un lato la possibilità di un corpo a corpo pericoloso, dall'altro la propaganda anti-polizia che, secondo le parole del segretario generale della Polizia di Stato Stefano Paoloni, ormai tenta di screditare il loro operato.

Il problema della sovranità e della legittimazione del potere ha da sempre minato la creazione e il mantenimento di un ordine stabile nella costituzione di uno Stato, il cui onore da mediatore tra diverse istanze, reca anche l'onere di un metodo bilanciato per perseguire il proprio scopo.

Il potere politico, inteso come mezzo che giustifichi la detenzione della forza coercitiva in capo allo Stato, ha faticato nel trovare quest'equilibrio di pesi e contrappesi, come accaduto in Italia nel G8 di Genova del 2001, con molti agenti della polizia ancora sotto processo per i fatti della Diaz e le torture nella caserma di Bolzaneto, o ancora come capita spesso nelle manifestazioni di piazza, dove le cariche risultano spesso eccessive rispetto ai reali pericoli.

L'introduzione del taser s'insinua in un terreno di scontro già ampiamente dibattuto, e il provvedimento va ad aggiungersi ai già ampi poteri di controllo in capo alle forze dell'ordine. L'ambiguità dell'arma e i precedenti storici destano più di qualche preoccupazione, dando adito al rischio di una smisurata repressione come accade negli Stati Uniti, un paese non sempre in linea con quell'equilibrio di cui uno Stato dovrebbe farsi garante.