Una giovane donna è vittima di una violenza in seguito al quale rimane incinta, non può scegliere se tenere o meno il bambino, vive nel Salvador e per legge dovrà portare a termine la gravidanza. Che lei sia in pericolo di vita, che quel bambino abbia malformazioni, che lei semplicemente non lo voglia o che sia indigente, dovrà comunque mettere al mondo quel figlio. Ma il destino non ha finito di prendersi gioco di lei e un giorno, mentre fa i lavori domestici, si sente male, perde sangue, viene portata in ospedale, dove sarà denunciata per aborto.
Ha 19 anni e rischia il carcere da due a otto anni: sembra assurdo, ma un uomo, nel ruolo di procuratore generale, decide di accusarla di omicidio aggravato. La sentenza arriva presto: 30 anni dietro le sbarre.
La storia di Maira Verónica Figueroa Marroquín
Sembra la sceneggiatura di un film, ma è quello che è successo a Maira Verónica Figueroa Marroquín: rimasta incinta in seguito a violenza, ha perso il bambino a causa di un’emorragia avvenuta sul posto di lavoro e, dopo essere stata trasportata in ospedale, dove è stata riscontrata la morte del feto, è stata accusata prima di aborto e poi di omicidio aggravato. Si festeggia dal 13 marzo scorso la sua liberazione, dopo 15 anni di carcere, grazie ad un pronunciamento della Corte suprema di giustizia.
Maura può riscoprire la libertà a 34 anni, dopo essere entrata in carcere nel 2003. Si tratta già del secondo caso di commutazione di pena in Salvador, quest'anno, dopo il caso di Teodora Vásquez, rilasciata a febbraio dopo 11 anni di carcere per aver perso il bambino che stava aspettando. Teodora nel 2008 aveva 24 anni e un figlio di quattro, quando è stata condannata dopo aver partorito all'interno dei bagni della scuola nella quale lavorava come cuoca.
Il codice penale salvadoregno e l'aborto
Nel 2014 la Agrupación Ciudadana por la Despenalización del Aborto Terapéutico, Ético y Eugenésico ha chiesto l’indulto per 17 donne processate e condannate a rimanere in carcere dai 12 ai 40 anni in seguito a parti extraospedalieri oppure per complicanze ostetriche d’emergenza. La storia di queste donne si inserisce nel panorama sociale e politico del Salvador, considerato, secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International, uno dei paesi più pericolosi al mondo per le donne.
Per il codice penale salvadoregno l’aborto è reato in ogni circostanza, anche in caso di violenza, incesto, o quando è a rischio la vita della madre. Stesso discorso vale per l’Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana e Suriname, tutti paesi dell’America latina accomunati dal divieto di abortire.