Sembra la trama romanzo thriller, ma non lo è, almeno non del tutto. Dal 1976 fino al 1986, dopo 50 violenze sessuali, 12 omicidi e 120 rapine, il noto “Original Night Stalker”, in seguito romanzato con il nome “Golden state Killer”, sparì nel nulla. Ha seminato il terrore tra diverse contee californiane di Sacramento, Contra Costa e Yolo.

Elementi caratterizzanti del suo operato, oltre ai diversi identikit tracciati sul suo aspetto (un uomo dal viso semi-coperto, dallo sguardo torvo e con la bocca spalancata), erano i continui appostamenti all'esterno delle dimore delle vittime designate, pedinandole, studiandone la routine giornaliera (magari durante le ore di servizio come poliziotto è riuscito ad entrare nelle case delle vittime ignare), accompagnate a chiamate minatorie mesi prima del delitto ed infine l’uso di legature (lacci delle scarpe o asciugamani) costringendo le vittime a legare i rispettivi coinquilini e\o compagni, in modo da farli assistere alla violenza.

Nonostante i diversi indizi, la sua condotta era spesso confusa con l’operato di più criminali (come gli omicidi dello “Stregone dell’Est”), divenendo così un nuovo ed efferato “cold case”. La svolta avvenne solo a febbraio del 2018: Michelle McNamara, una scrittrice affascinata da tale vicenda, si documentò per anni, pubblicando il romanzo “I'll Be Gone in the Dark”.

Nel frattempo Paul Holes, un investigatore di Contra Costa, approfondì il modus operandi del criminale; evidenziando come il killer si documentasse in merito ai suoi crimini, cambiando di conseguenza, il modo in cui attaccava le vittime. Il criminale era molto meticoloso, evitava di lasciare tracce biologiche del suo passaggio, ma l’odierna tecnologia ha reso possibile identificare le tracce di DNA lasciate durante uno dei primi omicidi nel 1976, che hanno finalmente permesso di conferire un nome ed un cognome al “Golden State Killer”.

Il 25 aprile, Joseph James DeAngelo è stato arrestato, in uno dei quartieri limitrofi ai crimini commessi in gioventù.

L’uomo 72enne, aveva una vita apparentemente tranquilla, e svolgeva il lavoro di poliziotto nelle contee californiane. Senza l’uso del DNA sarebbe stato impossibile rintracciare i suoi dati nel database. Alla luce delle vicende fino ad ora riportate, si presentano molti interrogativi, che superano i confini internazionali.

Dati i continui cambiamenti sulle condotte criminali, è possibile delineare un profilo psicologico “ad hoc” di un serial killer?

M. Piccozzi psichiatra e criminologo italiano, ne ha scritto un romanzo, citando il profilo del moderno serial killer. Da tener presente che nessuno di questi è un indice rivelatore, ma il frutto di confronti storici e teorici della psicologia e criminologia.

Il più delle volte è un individuo meticoloso, apparentemente gentile, affermato nel lavoro e nella società. Spesso è segnato da traumi legati all’infanzia o all’adolescenza, che determinerebbero condotte sociali e sessuali inadeguate, privandolo di un’affettività sincera e costante. Il soggetto maschera perfettamente la sua natura asociale e priva di morale, seguendo una routine abitudinaria e difficile da identificare come criminale. La condotta omicida è totalmente guidata dal desiderio di provare piacere nel provocare dolore altrui, dallo stato edonistico nel percepire il dolore e la disperazione nelle sue “gesta”. In alcuni casi, il narcisismo si eleva ad onnipotenza, sfidando con enigmi o lettere le stesse istituzioni, gustando ogni suo piccolo indizio come dominio assoluto della situazione.

Golden State Killer, in particolare usava il suo impiego lavorativo da poliziotto come funzione di “copertura” per la sua “doppia vita” da serial killer. Nel mondo occidentale prevale l’idea che le forze dell’ordine hanno la funziona di tutela civile e istituzionale. La mente tende a semplificare tramite uno stereotipo (ovvero uno schema mentale instauratosi durante l’esperienza sociale ed individuale) che un poliziotto rappresenta sicurezza cittadina ed istituzionale. Non è la prima volta che un individuo veste i panni di un membro delle forze dell’ordine per commettere atti criminali (omicidi, violenze, truffe).

Pertanto è ancora giusto avere un stereotipo di classificazione a priori su ogni membro o evento della società?

Si è in grado, con sole poche informazioni superficiali, di stabilire il profilo di una persona? Ad oggi si ha solo la conoscenza di come il pregiudizio, possa determinare scelte morali ed etiche, a volte più devastanti di un crimine stesso.