Il nuovo regolamento dell’Iti di Biella è molto chiaro: il cellulare deve essere usato solo se l’insegnante lo richiede per attività didattiche. Chi viene colto in flagrante a chattare o a navigare sul web dovrà pulire i corridoi, svuotare i cestini e riordinare l’archivio.

Cellulari a scuola: un conflitto costante tra insegnanti, alunni e genitori

Prima i cellulari venivano ritirati e consegnati ai genitori, ma è evidente che questa punizione non è efficace, dato che gli alunni non capiscono l’errore. Le scuole sono dunque costrette ad imporre delle regole più severe, perché gli insegnanti sono esasperati e preoccupati per l’abuso degli smartphone: nonostante i divieti, gli studenti continuano ad usarlo.Il preside G.

Spagnolo ritiene che il nuovo regolamento messo in atto inciti i ragazzi a riflettere sullo sbaglio.Anche le famiglie sono d’accordo sulle nuove norme.

Gli studenti, secondo il preside, non capiscono che si può sopravvivere senza usare il cellulare per qualche ora e il suo obiettivo è quello di far comprendere agli alunni che il dispositivo può essere uno strumento tanto utile quanto dannoso, quindi il suo uso deve essere limitato.

Quelle del preside non sono solo minacce: la punizione è già stata messa in atto su cinque ragazzi colti ad usare lo smartphone per attività non didattiche.

Scuole moderne, ma con precauzione

Recentemente la figura dell’insegnate è spesso denigrata: gli studenti non rispettano più i professori, ignorano costantemente i divieti da loro imposti e gli insegnamenti che intendono trasmettere.

Questo fenomeno è evidente nell’abuso dei cellulari all’interno delle mura scolastiche. I professori non sanno più che mezzo usare per far sì che i divieti vengano rispettati, quindi sono costretti a servirsi di norme severe.

Queste norme sono viste dagli studenti come eccessive, in realtà servono per educarli. Tenendo il cellulare acceso durante le ore di lezione, è molto più facile distrarsi per rispondere ai messaggi o per curiosare tra i social.

Anche durante le pause non c’è dialogo e confronto tra i ragazzi, perché la maggior parte di loro ha gli occhi incollati agli schermi dei dispositivi.

La tecnologia può essere utile in ambito didattico, ma solo se usata in modo corretto: le attività didattiche che richiedono l’uso di apparecchi elettronici devono essere supervisionate da un insegnante in modo tale che i dispositivi non vengano utilizzati per altri fini non didattici.

Per ottenere dei risultati è necessario stimolare il pensiero e il dialogo negli alunni, questo può avvenire creando discussione e dibattiti su vari argomenti inerenti al programma. La curiosità deve essere stimolata tramite lezioni volte ad arricchire gli studenti. Un primo passo per un ritorno a questo tipo di Scuola che il professor Maffei chiama “scuola del pensiero e della parola” è limitare l’uso degli smartphone anche tramite norme “severe”, e rieducare ad un uso corretto della tecnologia.

L’integrazione tra la scuola del pensiero e l’uso limitato dei dispositivi può portare a dei risultati scolastici e pedagogici significativi: è necessario che gli studenti comprendano l’utilità dell’istruzione per le loro vite future.