Ci viene da sorridere se pensiamo a quante bufale siano state messe in giro dalla decadente opinione pubblica occidentale su Kim Jong-un. Il dittatore che avrebbe fatto fucilare i ministri perché si addormentavano durante i suoi comizi, che avrebbe messo alla pubblica gogna i calciatori della propria Nazionale dopo l'eliminazione dalla Coppa del Mondo e che avrebbe fatto credere al suo popolo che quella stessa squadra sarebbe andata in finale dei Mondiali. L'uomo che credeva che Rambo fosse un personaggio reale... tutte fake news sul conto di un misterioso leader politico dall'aspetto decisamente pittoresco, evidentemente sovrappeso e con un discutibile taglio di capelli.
La sua politica aggressiva e spericolata, condotta a suon di test missilistici e nucleari, lo ha fatto diventare una minaccia per la pace internazionale. Kim in realtà non ha mai voluto la guerra, così come non la volevano davvero il padre ed il nonno, tre generazioni di dittatori che hanno dato alla Corea del Nord connotati quasi monarchici. Ciò che è accaduto alla Casa Bianca nel novembre del 2016, poi, è stata la sua grande fortuna. Un presidente come Donald Trump, atipico ed impulsivo che andasse dietro alle sue provocazioni: il braccio di ferro ha preso il via, Kim lo ha iniziato ed è stato lui a decidere il momento giusto per farlo cessare. Nel contempo la Corea del Nord è uscita da un atavico isolamento internazionale: prima la tregua olimpica, poi lo storico incontro con il presidente sudcoreano.
Il 12 giugno vedrà Donald Trump a Singapore, salvo complicazioni che, a quanto pare, si stanno palesando. In realtà le citate complicazioni erano prevedibili: sarà aperta una trattativa, ma non è una resa senza condizioni della Corea del Nord. Pyongyang sarebbe anche disponibile a rivedere la sua politica sul nucleare, ma non accetterà imposizioni senza avere nulla in cambio.
Le ragioni del dittatore
Ma davvero qualcuno era convinto che Kim Jong-un fosse pronto a prendere un virtuale piccone e demolire il suo arsenale nucleare solo perché lo chiede Washington? Ci riferiamo ovviamente a qualcuno che analizzi le questioni con obiettività, dunque non ai beceri populisti che quando non sono a far danni alle urne elettorali postano deliranti peana sui social network e nemmeno a determinati organi di stampa politicizzati che si sentono in qualche modo vicini a ciò che il presidente americano rappresenta.
La nota della Kcna, principale agenzia di stampa del regime nordcoreano, non sorprende nessuno che abbia un po' di vista lunga. La Corea del Nord torna a definire Trump un "leader fallimentare se ha intenzione di seguire i suoi predecessori e se pensa di stringere all'angolo il nostro Paese", ha sottolineato il vice ministro degli esteri nordcoreano, Kim Kye-gwan. Strabuzziamo gli occhi e non è la prima volta, dinanzi a celebrati opinionisti che definiscono quello di Kim "un voltafaccia". Se il leader della Corea del Nord incontrerà il suo omologo statunitense a Singapore, non sarà certamente per consegnare le armi, ma per rilanciare. Pyongyang è disponibile a trattare lo smantellamento delle proprie testate nucleari, ma vuole precise garanzie.
Vuole che Washington allenti la pressione militare sulla penisola coreana e non è un caso che la dura presa di posizione di Kim Jong-un sia scaturita dall'avvio dell'ennesima esercitazione militare congiunta tra le forze armate di USA e Corea del Sud a pochi km dal suo Paese. "USA e Corea del Sud hanno iniziato esercitazioni aeree congiunte contro il nostro Paese mentre l'inchiostro della nostra dichiarazione intercoreana non si è ancora asciugato. A tutto c'è un limite, anche alla nostra buona volontà".
Summit di Singapore a rischio?
Dunque, per tutta risposta, il regime ha annullato un incontro di alto livello con le autorità sudcoreane e si riserva di fare altrettanto con il sunmit di Singapore.
Per l'ennesima volta, pertanto, Kim costringerà Washington a prendere una decisione. Non è una novità, è sempre stato così: ogni sua mossa, ogni sua strategia, è sempre stata mirata a fare uscire la controparte allo scoperto e tastarne l'effettivo valore. Anche alla luce delle ultime controverse azioni internazionali, la fuoriuscita dall'accordo sul nucleare iraniano e la decisione di riconoscere Gerusalemme capitale d'Israele ed aprire un'ambasciata contro il parere della comunità internazionale, Kim Jong-un non ritiene Trump un partner affidabile e ne ha tutte le ragioni. Così come non fa una grinza definire "inaccettabile" ciò che è stato citato come esempio che si vuole proporre nel processo di denuclearizzazione della Corea del Nord: il modello libico.
"Riteniamo fuori luogo paragonarci ad un Paese dove il nucleare era alle fasi preliminari, mentre noi disponiamo di un arsenale". La tensione nella penisola coreana rischia dunque di riaccendersi? A questo punto non dipende da Kim Jong-un che ha fatto scattare il suo trappolone e per l'ennesima volta sta dimostrando all'occidente cosa significhi una vera strategia politica: se salta il bilaterale di Singapore, sarà fin troppo facile attribuire colpe specifiche alla controparte. Se si svolge e non si arriva ad un accordo, il giovane dittatore potrà altrettanto facilmente 'sganciarsi' sostenendo che non ci sono garanzie per la sicurezza del suo Paese. Non sappiamo quante e quali armi di distruzione di massa siano a disposizione dell'esercito nordcoreano, ma siamo consapevoli che il leader è dotato di un'arma diversamente dirompente che la maggior parte dei suoi colleghi occidentali non possiede, Trump certamente non ha questa dote: è la lungimiranza. Riteniamo che Kim volesse arrivare a questo, sin dal momento in cui ha dato ordine di lanciare il suo primo missile.