Il 17 giugno del 2014, una sedicenne di Fratta Terme, Rosita, è salita sul tetto della sua scuola, il liceo classico Morgagni di Forlì e si è gettata nel vuoto. Prima di suicidarsi, però, ha girato un video con il suo smartphone e ha scritto una lettera dove accusa i genitori di non volerle bene. Oggi, quei genitori si trovano sotto processo, in attesa di una sentenza che potrebbe tradursi in una condanna. Il pm di Forlì, Sara Posa, ha infatti chiesto 6 anni di carcere per il papà, Roberto Raffoni, e due anni e sei mesi per la mamma, Rosita Cenni.

Colpa dei genitori?

A quattro anni dal suicidio della giovane studentessa, nelle aule del tribunale di Forlì, è in corso un processo per stabilire se i genitori abbiano avuto o meno delle colpe. Dopo le richieste avanzate dal sostituto procuratore di Forlì, ora si attende una sentenza che dovrebbe arrivare a breve.

La ragazza, prima di gettarsi nel vuoto, ha lanciato - scritte in una lettera e incise in un messaggio vocale - accuse pesantissime ai genitori e in particolar modo al padre. La liceale, infatti, ha affermato di essere stata maltratta e vessata e di aver deciso, per questi motivi, di togliersi la vita.

La Procura della Repubblica, che all'epoca dei fatti aveva aperto un'inchiesta, aveva constatato il forte disagio psicologico della giovane acuito, secondo le accuse, da diverse umiliazioni, da forti privazioni e dall'anaffettività della famiglia (che avrebbe, inoltre, favorito l'isolamento dalle coetanee).

Addirittura, stando a quanto riportato dall'edizione bolognese del quotidiano La Repubblica, il padre avrebbe sfidato la figlia a mettere in atto i suoi propositi di suicidio.

Il messaggio audio e la lettera

Sul finire della requisitoria del pm Sara Posa, è stato fatto sentire, a porte chiuse, un estratto del lungo video girato dalla ragazza sul tetto della scuola, poco prima di suicidarsi.

Rosita, con la voce rotta dal pianto, si rivolgeva ai genitori dicendo loro: "mi avete odiata e, per questo motivo, non vi dispiacerà molto per il mio suicidio". La giovane affermava, inoltre, che papà e mamma non avrebbero versato una lacrima: in fondo, non si erano mai interessati a lei e non avevano mai provato a conoscerla.

Nella lettera finita agli atti, invece, ricorre spesso la parola "odio" e si intuisce un malessere fortissimo e anche, a dispetto della giovane età, tanti rimpianti (per tutto quello che non potrà vivere). Rosita pareva, inoltre ben cosciente dei possibili guai giudiziari che il suo "testamento" avrebbe potuto causare ai suoi genitori. Comunque secondo la ragazza, forse questo era l'unico modo per far comprendere le ragioni che l'hanno portata all'estremo gesto.

Le similitudini con "Tredici"

La scelta di girare un video in cui si spiega il perché ci si vuole suicidare ricorda molto la discussa serie tv '13 reasons why' (Tredici). Protagonista, Hannah Baker, adolescente che registra su alcune audiocassette i 13 motivi che l'hanno spinta a tagliarsi le vene. La serie - lanciata da Netflix, è stata creata da Brian Yorkey e si basa sul romanzo omonimo di Jay Asher.