Il lavoro è un valore fondamentale per la Repubblica, secondo il primo articolo della Costituzione, ma, anche dove ci sarebbe la possibilità, non tutti riescono ad accedere a questo valore. Ne è purtroppo dimostrazione il licenziamento, dopo 33 anni di servizio, di una donna malata di tumore, per questo ritenuta non in grado di svolgere le attività richieste. Sebbene si tratti di una decisione che non ha alcuna possibilità di entrare nelle aule della Corte Costituzionale, la Carta “più bella del mondo”, come sosterrebbero alcuni esperti di diritto, sembra non esser stata rispettata alla lettera.

Il diritto al lavoro

Nella lettera di licenziamento viene messo in evidenza l’impegno del Cottolengo nel trovare attività consone allo stato di salute della donna. L’insuccesso della ricerca trova in disaccordo l’interessata, che era stata definita idonea dall'Agenzia di tutela della salute: secondo la donna, diverse persone nella sua stessa condizione lavorano ancora presso la stessa azienda. Senza impegolarsi in discorsi sull’uguaglianza dei cittadini, ammesso che la dichiarazione della donna sia veritiera, la decisione del Cottolengo fa sorgere qualche dubbio. Come riportato dall’articolo 4 della Costituzione, ogni cittadino ha il diritto e il dovere di svolgere un’attività “secondo le proprie possibilità”: se esistono delle mansioni consone alle condizioni di un malato di tumore, la giusta causa del licenziamento comincia a vacillare.

Infatti la donna, in grado di sollevare pesi non oltre i cinque chilogrammi, si è offerta di servire i pasti alla mensa e aiutare nella pulizia dei pazienti più autosufficienti. Secondo i datori di lavoro, invece, è stata appurata la mancanza di posizioni alternative, sia a Milano sia in provincia. Se tali mansioni dovessero esistere, come sostiene la donna, ci troveremmo davanti a una chiara violazione di uno dei primi articoli della nostra Carta fondamentale.

Una vita nell’assistenza sanitaria

Dopo 33 anni di assistenza ai bisognosi, dalle dichiarazioni della donna traspare una grande passione per il proprio lavoro. Sono motivazioni che vanno oltre al semplice mantenimento della retribuzione che, in questo caso, ammonta a 1100 euro mensili, a fronte di un monte ore di 36 settimanali.

Tornando alla carta costituzionale, l’articolo 4 si conclude con la descrizione delle caratteristiche dell’attività lavorativa, che deve concorrere al “progresso materiale e spirituale della società”. Quale mestiere corrisponde maggiormente a tale definizione, se non l’operatore socio-sanitario? Forse la donna si sarebbe aspettata una maggiore comprensione e collaborazione, da parte di un’istituzione religiosa che professa carità ai bisognosi.