Un ennesimo nulla di fatto. È stata del tutto inutile la trasferta in Egitto dei magistrati della Procura di Roma che indagano sulla scomparsa di Giulio Regeni. In collaborazione con gli inquirenti egiziani, sono stati visionati i filmati della metropolitana del Cairo, alla ricerca di immagini che potessero ricondurre alla scomparsa del giovane ricercatore. Ma il materiale esaminato non ha offerto niente di utile, anche perché nelle registrazioni vi sono dei 'buchi temporali' durante i quali non sono disponibili fotogrammi. Saranno necessarie altre indagini da parte della magistratura egiziana per chiarire le cause di queste parti mancanti nelle registrazioni, che riguardano proprio gli orari critici di quel 25 gennaio 2016 in cui si persero le tracce del ragazzo.

I 'buchi' nei filmati della metropolitana

Sono stati analizzati video che rappresentano il 5% delle immagini registrate quel giorno dalle telecamere di sicurezza della metropolitana cittadina. In particolare si è posta attenzione su tutta la linea 2 e non solo sulle due stazioni in cui il cellulare di Giulio Regeni fu utilizzato. Secondo i pm 'Nessun materiale di interesse investigativo' è venuto alla luce. Adesso bisognerà attendere che il procuratore generale egiziano Nabbel Sadek chiarisca i motivi della misteriosa mancanza di riscontri, relativa proprio all’orario in cui, secondo le celle agganciate dal suo telefonino, il giovane era nella metropolitana. Gli inquirenti cercavano non solo tracce del ricercatore, ma anche dei nove uomini, tra poliziotti e agenti dei servizi segreti, che sarebbero coinvolti nel sequestro e nella morte di Regeni, così come nei successivi tentativi di depistaggio delle indagini, partite dopo la scoperta del cadavere del giovane, il 3 febbraio 2016.

Nove sospettati per il sequestro e l’omicidio

Secondo chi sta indagando in Italia sulla vicenda, Regeni era già pedinato da tempo, almeno dal dicembre 2015, a causa dei suoi studi che comprendevano numerose interviste a sindacalisti ed ambulanti, categorie ostili al governo egiziano. Al centro del sequestro, come detto, ci sarebbe un gruppo di nove uomini, su cui formalmente non pende ancora nessuna accusa specifica.

Questi avrebbero torturato e ucciso il ricercatore deviando successivamente le indagini; gli stessi che hanno preso parte al conflitto a fuoco con quei malviventi ammazzati il 24 marzo 2016, a cui le autorità egiziane avevano cercato di attribuire l’omicidio di Regeni.

È dunque probabile che si conoscano i presunti colpevoli, ma mancano le prove, con molta probabilità fatte sparire dagli stessi assassini.

Così non c’è nessun filmato che riprende la metropolitana dopo le 19:41 nell'ultimo giorno di libertà di Giulio. A quell'ora il ragazzo scriveva un messaggio alla sua fidanzata per avvisarla che stava uscendo e che non poteva mettersi in contatto con lei su Skype quella sera, a causa di un invito ad una festa. Prima del party il giovane aveva un appuntamento in una caffetteria di piazza Tahrir, con Gennaro Gervasio, allora professore presso la British University del Cairo, ma a quell'incontro non sarebbe mai arrivato.