Pretendeva una sontuosa ‘paghetta’ dall’anziano genitore per poter affrontare con meno ‘affanni’ gli studi. Una richiesta ritenuta eccessiva dal padre che, evidentemente, si attendeva ben altri risultati ed impegno dal figlio (all’epoca venticinquenne). Da quel momento i rapporti tra i due congiunti si sono progressivamente incrinati e la querelle è diventata oggetto di in un lungo contenzioso legale. I fatti risalgono al 2014 e vedono coinvolto un facoltoso imprenditore della Riviera del Brenta. Dopo l’ennesimo diniego del congiunto il giovane aveva deciso di risolvere la questione in tribunale.

Nello specifico l’esigente studente originario di Fiesso (Venezia) aveva intentato una causa nei confronti del padre per ottenere 230 mila euro per far fronte alle spese universitarie e per l’iscrizione ad un master. Dall’altra parte il novantenne era rimasto fermo sulle sue posizioni ritenendo che il figlio dovesse sacrificarsi un po’ di più. Quella che voleva essere una lezione di vita si è trasformata in uno scontro infinito a colpi di carta bollata.

La prima richiesta e la decisione dei giudici

In un primo momento i giudici, nell'accogliere parzialmente le richieste del venticinquenne, avevano stabilito che aveva diritto ad un assegno mensile di trecento euro. Una decisione che ha fatto storcere il muso allo studente che ha immediatamente impugnato la sentenza ed avviato una nuova battaglia giudiziaria per ottenere dal padre una 'paghetta' di 900 euro al mese.

La vicenda ha segnato profondamente una famiglia che ha provato in tutti i modi a far compiere un passo indietro a padre e figlio. Dopo quattro anni trascorsi a discutere nelle aule di tribunale è arrivata la sentenza bis sulla causa intentata dal veneziano. I giudici della Corte d’Appello di Trieste non solo hanno respinto le richieste del ventinovenne ma hanno sospeso anche l’assegno da trecento euro che era stato assegnato nel primo grado di giudizio.

La Corte d'Appello di Trieste dà ragione al padre

Sulla questione si è espresso l’avvocato dell’anziano genitore che ha accolto con soddisfazione la decisione dei magistrati. Stefano Marrone ha precisato che dopo quattro anni la giustizia ha riconosciuto il buon diritto di un padre di pretendere che un figlio diventi autonomo e sia capace di provvedere a se stesso senza chiedere di continuo supporto ai genitori.

“A ventinove anni bisogna rimboccarsi le maniche”. In passato una ventiseienne di Pordenone aveva portato in tribunale il padre perché gli aveva ridotto la paghetta settimanale a venti euro. La giovane aveva avanzato una richiesta di 2500 euro al mese ma i giudici le avevano riconosciuto un assegno mensile di 350 euro.