Come il ponte Morandi a Genova, ce ne sono tanti altri seriamente compromessi perché hanno suuperato la durata di vita per la quale erano stati progettati. Lo dice senza mezzi termini uno che di questa tematica se ne intende: Settimo Martinello, direttore generale di 4 Emme, società di Bolzano con sedi in 16 città nella penisola che si occupa di ispezionare e verificare la salute di cinquantamila ponti che fanno capo a piccole amministrazioni locali. Non del Morandi, il gigante malato crollato a Genova, da sempre problematico e la cui manutenzione era di competenza di Società autostrade.
In queste ore le dichiarazioni rilasciate dall'esperto all'agenzia di stampa Agi rimbalzano sui media e in rete per la brusca ma realistica franchezza: "Sono anni che dico che decine di migliaia di ponti italiani sono a rischio crollo". Il 60% secondo l'istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr, il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Oltre il rischio, l'esperto è certo che ci saranno altri crolli: "Se non si interviene andranno giù tutti" perché scaduti.
Sicurezza dei ponti: "Previsione obbligata"
Per Martinello non si tratta di fare del terrorismo psicologico, ma dopo quel che è accaduto a Genova la previsione è "obbligata", persino troppo facile. La maggior parte di ponti e viadotti nel nostro Paese è stata costruita tra gli anni '50 e '60, al più tardi negli anni '80.
Era l'epoca del boom economico e, secondo la definizione di Diegio Zoppi, ex presidente dell'Ordine genovese degli Architetti, "della fiducia illimitata nel cemento armato che si credeva fosse eterno". Finché si è iniziato a capire che ha una durata al più di qualche decennio. E purtroppo, secondo la considerazione amara del geologo Mario Tozzi, stiamo scoprendo quanto il calcestruzzo possa resistere agli agenti atmosferici e ai volumi di traffico attuali, impensabili quando i nostri ponti sono stati costruiti, sulla pelle dei cittadini, delle vittime.
Molti di questi ponti sono fatti in acciaio ricoperto di calcestruzzo, una copertura che protegge i materiali ferrosi dall’acqua e dall’ossidazione, ma che nel lungo periodo fa comunque corrodere l'armatura finché sparisce. Quanti sono? Calcolando le singole campate, come tecnicamente è corretto, siamo a tre o quattro milioni di strutture da monitorare, secondo l'ispettore di Bolzano: ma non esiste un censimento preciso riferisce Martinello, che aggiugne come ogni anno una ventina di ponti crollano senza fare notizia perché non sono imponenti come quello di Genova.
Per avviare una stagione nuova, secondo l'esperto occorrre realizzare con urgenza tre cose: un vero piano nazionale per la messa in sicurezza (quello che per il Cnr sarebbe 'il piano Marshall' delle infrastrutture stradali italiane), dotare le amministrazioni locali di risorse, creare una scuola che formi ispettori con le competenze necessarie. Altrimenti ritiene che sia scontato prevedere che altri ponti crolleranno.
Anche l'architetto Zoppi arriva alle stesse conclusioni: l'Italia costruita negli anni '50 e '60 deve essere consolidata o ricreata: sono tanti i manufatti giunti a fine servizio. Ma il pericolo è ancora sottostimato.
Sensori ai viadotti, 'ridicola' la proposta del ministro
Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli ha annunciato che verranno presto applicati sensori ai viadotti italiani così da monitorarne lo stato di salute.
Per Martinello il rimedio proposto è peggiore del male: possono andar bene alla fine di un percorso, non quando la criticità è in corso. Per l'esperto che paragona i ponti alle persone, sarebbe come se a un essere umano cinquantenne si mettesse un sensore senza prima averlo visitato accuratamente, avergli fatto analisi e avere un quadro chiaro delle sue condizione.
Ciò significa ispezionare i ponti italiani: prima del 1991 era obbligatorio, ora secondo Martinello ognuno fa come vuole e le strutture monitorate sono 60mila, appena il due percento. Molte amministrazioni locali senza soldi né competenze, per fare controlli occorrono più ispettori: certificati sono 150, ne servirebbero diecimila.