Altro che ipotesi accidentale. "L'ho spinta ed è caduta dalle scale": lo diceva e ripeteva agli inquirenti che lo incalzavano, e si mostrava affranto Fabrizio Pasini, 48enne di Brescia, sindacalista della Uil, sposato con due figli, reo confesso dell'omicidio della sua collega di lavoro e amante, Manuela Dailo, 35enne di Nave.

La confessione di Pasini era arrivata lo scorso lunedì dopo un lungo interrogatorio al termine del quale messo alle strette, ha condotto gli inquirenti nel posto dove aveva nascosto il cadavere: un silos per liquami nelle campagne a circa un'ora da Brescia.

Ma con il corpo, malgrado l'avanzato stato di decomposizione dopo 23 giorni in quelle condizioni, è venuta a galla anche la verità che Pasini ha cercato di occultare in tutti i modi, con false dichiarazioni e depistaggi.

La sua confessione, come spiegato oggi in una conferenza stampa in Procura a Brescia, era vera solo a metà: Manuela non è morta per la caduta dalle scale della casa della madre di lui dove i due erano andati la notte del 28 luglio. E' stata uccisa accoltellata alla gola.

La Procura: uccisa con un'arma da taglio

Manuela è stata uccisa con un'arma bianca, forse un coltello a punta o da taglio, che ancora non è stata trovata. Ed è morta tra le quattro e le sei del mattino del 29 luglio.

Lo ha chiarito il procuratore capo di Brescia, Tommaso Buonanno, precisando che la coltellata le ha reciso la carotide. Gli inquirenti ritengono che sia stata prima stordita con un colpo alla testa, poi uccisa e lasciata in cantina.

Pasini ha parlato di un incidente: spintoni per una lite, la caduta dalle scale e il trauma fatale alla testa.

Ma l'autopsia ha accertato che la ferita alla testa, una frattura cranica composta, non è la causa della morte. Manuela si era dissolta nel nulla dallo scorso 28 luglio lasciando una scia di inquietudine e paura tra i familiari che si erano subito allarmati lanciando appelli anche a 'Chi L'ha visto?'. La povera sindacalista era stata uccisa dall'uomo che, contraddicendosi, ha detto che la relazione tra loro era finita da un anno, ma quella sera si erano visti.

Non solo: ha sostenuto di essere andato nel panico e di averla lasciata in cantina pensando fosse morta. Invece con lucidità, ha riferito il procuratore Buonanno, ha impacchettato il corpo senza vita della ragazza per poi trasportarla nel cremonese dove, a seguito di ripetuti sopralluoghi, aveva già individuato il nascondiglio del cadavere.

Dopo venti giorni di silenzio e di vacanze in Sardegna con la famiglia, rientrato dalle ferie, Pasini ha confessato e indicato il luogo dove trovarla. Ma non subito: già interrogato, si era detto preoccupato per la scomparsa di Manuela e garantiva di non avere nulla a che fare con la sua sparizione. Il gip del tribunale di Brescia ha dunque convalidato il fermo e la custodia cautelare nel carcere di Brescia dove il reo confesso, accusato non più di omicidio, ma di omicidio volontario, si trova.

Un video, altra prova schiacciante

Le immagini registrate dalle telecamere di un vicino di casa in via Allende ad Ospitaletto, mostrano Manuela ancora viva che si trova con Pasini sotto casa della madre di lui dove i due entrano. Alcune ore dopo, con la luce del giorno Pasini esce con fare molto tranquillo e senza maglietta addosso. Non manifesta alcun turbamento. Un atteggiamento molto diverso dal panico raccontato agli inquirenti e dopo aver fatto credere che la donna fosse ancora viva.

Qual è il vero movente?

Pasini ha riferito che la lite con esito mortale sarebbe sorta per un tatuaggio. Può essere un tatoo il movente di un omicidio che matura in una relazione extraconiugale finita o ancora in corso?

L'autopsia ha escluso che Manuela fosse incinta, come all'inizio ipotizzato. Il lavoro degli inquirenti è tutt'altro che completo: si cerca il vero movente. Come si cercano la borsa e il cellulare della donna che Pasini sostiene di aver gettato nel lago d'Iseo, in attesa che gli ulteriori esami autoptici restituiscano altri brandelli di verità.