Ad Arezzo, nel 2013, un uomo di 63 anni adescò una giovane di 17 anni chiamandola al telefono e facendo finta in un primo momento di aver sbagliato numero. Da li in avanti una serie di chiamate, una dietro l'altra, condite da diverse richieste piccanti. Non si trattava chiaramente di un errore bensì l'uomo stava semplicemente molestando la ragazzina, l'allora sessantatreenne chiamava in continuazione la giovane proponendogli infatti incontri sessuali a pagamento. Gli inquirenti hanno anche rivelato nel dettaglio le proposte dell'uomo, che in alcuni casi offriva duecento euro in altri prometteva di comprare un cellulare nuovo alla ragazza che per riceverlo doveva 'semplicemente' acconsentire alle richieste e alle voglie sessuali dell'uomo.

Dopo ormai 5 anni di processi, ieri 18 settembre c'è stato un rinvio a giudizio fissato al 4 dicembre 2018.

Il tranello della giovane per inchiodare l'aguzzino

La drammatica vicenda è stata riportata da 'La Nazione'. L'edizione online della testata giornalistica ha rivelato che dopo 5 anni di processi ancora l'uomo non è stato condannato per alcun reato anche se si sta difendendo dall'accusa di induzione alla prostituzione minorile. Durante le varie udienze sono però saltati fuori altri particolari riguardanti la vicenda delle avance alla ragazzina che all'epoca dei fatti aveva 17 anni.

La giovane ha infatti rivelato il piano usato per tentare di incastrare l'uomo. La diciassettenne ha cercato l'aiuto del padre per preparare una trappola al suo molestatore poiché ormai stufa delle continue proposte a luci rosse.

Dopo essersi accordata con il babbo ha riferito all'uomo di essere in possesso di un altro numero sul quale potevano scambiarsi messaggi. Il presunto pedofilo non era a conoscenza ovviamente che il numero che le aveva dato la giovane fosse del padre e per tale motivo il presunto persecutore ha continuato con le solite promesse in cambio di sesso.

Dopo averlo 'fatto sfogare' ed aver raccolto una serie di prove il papà della ragazzina le ha fatte recapitare alla Polizia sporgendo denuncia.

Le indagini delle autorità

Dopo aver visionato il contenuto dei messaggi la polizia ha trasmesso gli atti alla Dda di Firenze che si occupa proprio di questo tipo di reati. Nel 2013 parte dunque il procedimento con l'accusa di prostituzione minore presso il Tribunale di Arezzo.

Non sono però bastate ancora tutte le prove raccolte e gli anni trascorsi fra cause e rinvii per riuscire a convincere i giudici a condannare il persecutore, che secondo la legge in realtà ancora non lo è. La burocrazia non è stata di certo dalla parte della ragazzina che però sta ricevendo il supporto morale ed economico della famiglia, speranzosa che giustizia venga fatta.