I Carabinieri della stazione di Roma Piazza Dante questa mattina hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare (in regime di domiciliari), nei confronti di altrettanti soggetti. Le accuse mosse nei loro confronti sono gravissime, tra le quali truffa e contraffazione di denaro. Il sodalizio criminale, composto da due italiani e quattro stranieri, secondo le indagini degli investigatori era dedito a convincere ricchi imprenditori, residenti perlopiù nella Capitale, a vendere i propri beni. Un sistema ben collaudato, come lo definiscono i militari nel loro comunicato stampa.

Per convincere le vittime il sodalizio era solito adottare un metodo efficace: uno dei componenti si fingeva un prete, il quale sosteneva di avere importanti contatti, perfino all'interno della Santa Sede. Da qui il nome dato alla banda, appunto definita "del Monsignore".

Operazione "Hawala"

L'indagine, denominata "Hawala", è stata coordinata dalla Procura della Capitale, mentre le ordinanze di custodia cautelare a carico dei soggetti interessati sono state emesse dal Gip del Tribunale di Roma. Nel corso delle stesse indagini, i militari hanno potuto appurare anche l'esistenza di un altro comportamento illecito. I truffatori infatti, adottavano il metodo del "black money scam", il quale ha l'obiettivo di far credere alle vittime del raggiro di poter avere delle banconote attraverso la smacchiatura dei fogli di carta.

Lo stesso denaro, falso ovviamente, si otterrebbe grazie ad uno speciale solvente. Queste promesse avevano sicuramente un certo effetto sui clienti, che quindi spesso, si facevano convincere delle buone intenzioni dei soggetti. Una volta che le vittime decidevano di contrattare, e vendere quindi le proprietà (case ma anche preziose opere d'arte) gli arrestati passavano all'attuazione del piano di truffa vero e proprio: semplicemente intascavano un grosso anticipo, corrispondente spesso a decine di migliaia di euro, poi, come solitamente accade in questi casi, la banda spariva.

Solo allora le vittime del raggiro si rendevano conto della truffa.

Il finto Monsignore

Figura centrale nell'organizzazione criminale era il finto Monsignore, come detto in precedenza. Sarebbe stato lui infatti a dare sicurezza alle vittime, convincendole che le operazioni che si apprestavano a intrattenere con i soggetti in questione fossero del tutto lecite.

L'uomo, che indossava un abito talare, nel corso dell'attività illecita del sodalizio, avrebbe anche impartito delle benedizioni, contravvenendo all'esplicito divieto ecclesiastico che vieta di eseguire tali operazioni ai laici. In totale la "banda del Monsignore", secondo quanto si legge nelle righe finali del comunicato dei Carabinieri, avrebbe intascato durante il suo periodo di attività circa 13 milioni di euro.