Con una sentenza storica, la Corte Suprema di New Delhi in India, ha cancellato il reato di omosessualità in vigore da 157 anni. Una legge del 1860, infatti, puniva chi aveva rapporti carnali con appartenenti allo stesso sesso, con una pena detentiva fino a 10 anni di carcere.

Una sentenza storica attesa 157 anni

Ci sono voluti 8 lunghi anni di processi, ma alla fine i diritti degli omosessuali sono stati riconosciuti anche in India, un paese dove era ancora in vigore una legge nata con le colonizzazioni britanniche. Infatti da oltre 157 anni, ‘chiunque avesse volontariamente rapporti carnali contro l'ordine della natura’ era punito con il pagamento di una multa e il carcere fino addirittura a 10 anni.

Fu James Bruce, viceré indiano, che promulgò questa legge per evitare che i soldati britannici cadessero nella tentazione di avere rapporti omosessuali.

La giuria, composta da cinque togati e presieduta da Dipak Misra, ha di fatto depenalizzato quello che fino ad oggi era considerato un reato. Secondo la sentenza della Corte Suprema, la legge, conosciuta come Sezione 377 è ‘irrazionale, indifendibile e manifestamente arbitraria’. I giudici hanno ripristinato la sentenza dell’Alta Corte del 2009, che nel 2013 era stata cancellata dalla stessa Corte Suprema.

La storica sentenza della Corte Suprema indiana chiarisce che il sesso consenziente tra adulti in uno spazio privato, se non è dannoso per i minori, non può essere punito in quanto è una scelta individuale.

Inoltre la legge in vigore fino ad oggi, violava i principi costituzionali poiché discriminatoria. Infine i giudici hanno fatto prevalere il diritto del singolo individuo e il diritto della sua privacy alla moralità sociale tradizionale.

In festa la comunità gay indiana

La storica sentenza della Corte Suprema di New Delhi è stata accolta con grande soddisfazione dalla comunità gay indiana, che secondo una stima fatta dal governo indiano sei anni fa, sarebbe costituita da oltre due milioni e mezzo di omosessuali.

In festa anche tutti gli attivisti che difendono i diritti civili e la comunità gay internazionale. Anche l’ONU ha accolto positivamente la notizia affermando che ‘l'orientamento sessuale e l'espressione di genere sono parte integrante dell'identità di un individuo in tutto il mondo’.

Ma se in India fanno festa, non si può dire lo stesso in altri paesi asiatici dove l’omosessualità è ancora considerata un reato, come Indonesia, Malesia, Bangladesh e Myanmar. Addirittura è prevista la pena di morte per i gay in Pakistan, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Mauritania, Yemen, Iran, Nigeria, Sudan, Afghanistan e Somalia.