L'episodio si è verificato a Long Island, negli Stati Uniti. Il protagonista di questa assurda vicenda si chiama Michael Aliperti, un uomo di quarantacinque anni di New York. Qualche tempo fa aveva intrapreso con un ragazzino di undici anni una partita ad un famosissimo gioco che sta spopolando in tutto il mondo: Fortnite, dove l'obiettivo è uccidere quanti più nemici possibili: il bambino ha vinto, mentre Michael ha perso. Ma la sua reazione alla sconfitta non si potrebbe affatto definire "sportiva". Anzi, è andato anche oltre, minacciando il bambino di morte nella sua stessa casa oppure nella sua stessa scuola nonostante i chilometri di distanza fra i due.

Le minacce al ragazzino contro cui ha perso a Fortnite

Le minacce, che l'uomo ha inviato tramite l'XBox Live, prevedevano che il ragazzo sarebbe stato ucciso con dei colpi di pistola, in casa del bambino oppure nella scuola che l'undicenne frequenta. Una intimidazione più che spiacevole che ha messo in allerta la famiglia del ragazzo segnalando i messaggi alle forze dell'ordine con una denuncia, facendoli intervenire tempestivamente.

L'intervento della polizia statunitense

Le forze dell'ordine hanno arrestato immediatamente l'uomo con una accusa davvero infamante nei suoi confronti: molestie aggravate ad un bambino. Michael Aliperti è ancora in attesa di giudizio, anche se è stata fissata una cauzione di 2.500 euro, mentre per la vittima è stato disposto un ordine di protezione per salvaguardare la sua incolumità.

Fortnite crea dipendenza

Fortnite è un gioco ormai noto in buona parte del mondo per la sua capacità di "catturare" il giocatore sebbene lo scopo del gioco sia uno dei più semplici, ovvero quello di uccidere gli avversari che incontri. Fra le opzioni di gioco include anche la possibilità di giocare con un'altra o più persone, arrivando perfino a cento persone, una sorta di tutti contro tutti.

Un gioco molto interessante, se non fosse che ha già causato parecchi problemi di dipendenza anche fra giovanissimi e persone mature (anche al di sopra dei quarant'anni), prendendo tutto il tempo a loro disposizione e convertendolo nell'unica realtà virtuale del gioco stesso. Molti Videogiochi sono oggetto di discussione proprio per la loro capacità di "incollare" le persone allo schermo. Un caso eclatante riguarda una bambina di appena nove anni che per giocare a questo gioco non soddisfa nemmeno i suoi bisogni primari.