Soffiano venti di burrasca tra Donald Trump e i vertici della giustizia americana. Jon Tigar, del Distretto di San Francisco, dopo aver allenato la stretta sul diritto d'asilo ai migranti imposto dalla Casa Bianca, è stato pesantemente attaccato dal presidente americano, che l'ha definito un "giudice di Obama", prima di ampliare il suo discorso all'intera magistratura statunitense, descritta come "politicizzata".

Il duro attacco di Trump ha trovato la pronta e decisa replica da parte del presidente della Corte Suprema, John Roberts (63 anni, conservatore nominato da George W.

Bush), il quale ha sottolineato con fermezza l'assoluta indipendenza della magistratura statunitense, priva di qualsiasi legame con il mondo politico.

Ma Donald Trump non ha mandato giù l'intervento di Roberts e, su Twitter, ha ulteriormente sottolineato: "Mi dispiace, ma i giudici di Obama esistono davvero ed hanno un punto di vista molto diverso dalla gente incaricata di garantire la sicurezza del nostro Paese".

Gli scontri fra l'attuale inquilino della Casa Bianca e la magistratura americana, del resto, non sono una novità. Ad esempio, nel 2016, il tycoon si scagliò contro il giudice di origini ispaniche che stava indagando sulla Trump University, etichettandolo come "un messicano" che non sarebbe stato in grado di lavorare secondo equità.

Inoltre, già con Roberts c'erano stati dei dissidi nel 2012, quando il magistrato fu attaccato per aver dato il suo voto decisivo in favore dell'Obamacare, la riforma sanitaria di Obama tanto osteggiata da Trump.

Oggi, nel rispedire al mittente le illazioni del presidente americano, Roberts ha affermato: "Non ci sono giudici di Obama o giudici di Trump o di Clinton, ma solo uno straordinario gruppo di giudici federali dediti a fare il loro dovere".

Inoltre il capo della Corte Suprema ha aggiunto che "l'indipendenza e l'integrità della magistratura nel nostro Paese è una cosa di cui tutti dovremmo essere grati".

Il giudice Mark Goldsmith ordina il rilascio di 100 detenuti iracheni

Il muro contro muro fra l'amministrazione Trump e la magistratura statunitense prosegue e, proprio nelle ultime ore, è giunta notizia della decisione di Mark Goldsmith, giudice del Michigan, di ordinare il rilascio di 100 detenuti iracheni che il governo stava cercando di espellere.

Secondo il magistrato, alcuni dirigenti governativi avrebbero riportato delle dichiarazioni "palesemente false", per far sì che risultasse la volontà, da parte di Baghdad, di chiedere il rimpatrio dei suoi connazionali. Dopo aver definito "ignobile" l'operato dell'amministrazione, Goldsmith ha aggiunto di essere pronto a sanzionarla, con un provvedimento che risuona piuttosto raro negli Stati Uniti.

In seguito alla sentenza del giudice del Michigan, i collaboratori di Trump avranno 30 giorni di tempo per dimostrare che ci sono dei validi motivi per trattenere in carcere o per espellere i detenuti iracheni, altrimenti dovranno procedere con un pronto rilascio. Ricordiamo che fra costoro ci sarebbe anche un uomo che sarebbe in prigione da circa due anni, ovvero da gennaio 2017.