Paolo Tiramani, sindaco di Borgosesia, in provincia di Vercelli, e deputato della Lega, denuncia su Facebook l’aggressione con una lima, subita nella sua città da parte di un cittadino marocchino, desideroso di vendicarsi con lui in quanto, nelle vesti di primo cittadino, ne aveva chiesto e ottenuto l’espulsione dal nostro Paese per aver commesso diversi reati, oltre ad essere privo del permesso di soggiorno. Il marocchino era riuscito a non farsi espellere con lo stratagemma di dichiararsi ateo e, quindi, impossibilitato ad essere rimpatriato in un Paese islamico, il Marocco, nel quale a suo dire sarebbe stato in pericolo.

Tiramani, nel corso del suo racconto social, diffuso anche dall’Ufficio Stampa della Lega Piemonte, appare ancora alterato dall’accaduto, ma spiega quanto successo nei minimi particolari.

Il racconto di Paolo Tiramani: ‘Mi ha mostrato una lima, urlando che me l'avrebbe infilata nella pancia’

Paolo Tiramani pubblica il 5 febbraio sulla sua pagina Facebook il post in cui racconta quanto accadutogli nel suo paese, Borgosesia, lo scorso lunedì. Il parlamentare della Lega denuncia pubblicamente le minacce e l’aggressione subita da un cittadino marocchino con alle spalle una lunga serie di precedenti penali. L’uomo in questione era stato espulso dall’Italia lo scorso anno, su richiesta proprio di Tiramani che, nelle vesti di sindaco, aveva raccontato la sfilza di illegalità da lui commessi.

Proprio per questo motivo il marocchino sarebbe andato a ‘cercare’ il primo cittadino, per vendicarsi. Nel concitato racconto dell’infelice incontro, il deputato salviniano parla di “puro delirio”, visto che questo “delinquente seriale” gli avrebbe “mostrato una lima, urlando che me l'avrebbe infilata nella pancia”.

‘Aveva il permesso di soggiorno per motivi religiosi’

Oltre alla turpe aggressione subita dal parlamentare della Lega, il fatto clamoroso di tutta questa vicenda - che potrebbe essere considerato comico se non fosse tragico - è che il marocchino, come racconta lo stesso Paolo Tiramani, “ha avuto un permesso di soggiorno per motivi religiosi”.

In pratica, il criminale autore di reati come “minacce con coltello alle assistenti sociali, abuso di alcolici, ubriacatura molesta con incendio della casa popolare in cui era ospitato”, era riuscito ad evitare la procedura di espulsione dal nostro Paese semplicemente dichiarandosi ateo e, per questo, non rimpatriabile in Marocco. La sua ‘pena’, se così si può definire, era stata una permanenza di soli sei mesi in un Cie (Centro di identificazione ed espulsione), per poi tornare a molestare, termina così il racconto di Tiramani, i cittadini di Borgosesia.