Dopo la sentenza d'appello sull’omicidio di Marco Vannini, che ha visto ridurre da 14 a 5 anni la pena al principale imputato, Antonio Ciontoli, il web è insorto dichiarando ingiusta la sentenza e dimostrando in massa la vicinanza alla famiglia del giovane ventenne ucciso a Ladispoli. Più di 160mila firme sono state raccolte su Change.org attraverso una petizione indirizzata al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Tutti chiedono al Guardasigilli di esaminare il caso e di verificare che venga data ai colpevoli la giusta punizione. Lo stesso ministro ha pubblicato un video su Facebook dove ha dichiarato che, pur non volendo entrare nel merito della decisione dei giudici, considera inaccettabile che un magistrato abbia interrotto la lettura della sentenza per minacciare di denunciare le persone presenti in aula, dicendo che quella era una interruzione di pubblico servizio e aggiungendo "se volete fare una passeggiata a Perugia ditelo".

Il ministro ha aggiunto di aver visionato il video della proclamazione della sentenza e che ogni magistrato ha strumenti più idonei per mantenere l’ordine in aula. Per questo motivo, ha aggiunto Bonafede, il ministero ha attivato gli accertamenti e le verifiche necessarie.

L’omicidio di Marco Vannini

Era il 17 maggio del 2015. Marco Vannini aveva 20 anni e lavorava come bagnino a Ladispoli. Finito il lavoro raggiunse la fidanzata Martina e restò a cena nell’abitazione della famiglia Ciontoli con il padre di Martina Antonio e la madre Maria, insieme a loro anche il fratello Federico e la fidanzata Viola Giorgini. Dopo cena Marco andò in bagno a farsi una doccia. Antonio Ciontoli, come riferito alla magistratura, entrò in bagno con una Beretta calibro 9 - regolarmente detenuta in quanto sottufficiale della Marina - e senza verificare le condizioni di sicurezza dell’arma premette il grilletto.

Il proiettile colpì il braccio del ragazzo, trapassandogli il polmone e il cuore. Il ritardo nel chiamare i soccorsi provocò la successiva morte di Marco Vannini.

La reazione del ministro della Difesa Trenta

Numerosi furono i tentativi di depistaggio e le menzogne da parte della famiglia Ciontoli. In primo grado Antonio Ciontoli venne condannato a 14 anni, poi l’appello dei giorni scorsi e la derubricazione da omicidio volontario a colposo, con la conseguente riduzione della pena.

Sul caso Vannini è intervenuta anche Elisabetta Trenta, ministro della Difesa, che sempre su Facebook ha affermato di non voler entrare nei meriti della sentenza giudiziaria, ma ha garantito di aver già dato disposizioni perché ad Antonio Ciontoli non venga concesso il reintegro nelle Forze Armate.