Said Mechaouat, l'assassino di Stefano Leo, non doveva essere libero. Il marocchino 27enne, reo confesso dell'omicidio dei Murazzi di Torino, infatti, nel maggio 2018 era stato condannato ad un anno e sei mesi per maltrattamenti in famiglia. La sentenza, emessa in via definitiva, però non è mai stata eseguita per un ritardo nella trasmissione (o per un altro banale errore materiale) probabilmente commesso dalla Cancelleria della Corte d’Appello di Torino.

Malagiustizia

Se la macchina della giustizia, nel maggio scorso, avesse funzionato, con ogni probabilità Stefano Leo - il 34enne assassinato con un fendente alla gola mentre si recava al lavoro nel centro di Torino - sarebbe ancora vivo.

Il suo omicida, infatti, la mattina del 23 febbraio non avrebbe dovuto trovarsi su una panchina di fronte al Po, bensì in carcere a scontare una pena per maltrattamenti in famiglia.

Nel maggio 2018, la Corte d’Appello di Torino ha rigettato il ricorso (giudicato troppo generico) presentato dal legale di Said e lo ha condannato, senza sospensione della pena, ad un anno e 6 mesi di reclusione. Per il marocchino nato a Khourigba, ma residente nel nostro Paese fin dalla tenera età, quindi, si sarebbero dovute aprire le porte del carcere; il meccanismo che regola l’attività degli uffici giudiziari (ed in particolar modo la Cancelleria della Corte d’Appello di Torino) a questo punto, però, si è inceppato e la Procura non hai ricevuto gli atti che avrebbero permesso di concretizzare la sentenza pronunciata dai giudici della settima sezione ed emettere un ordine di carcerazione.

È verosimile che l'episodio di "malagiustizia" possa essere maturato - come ha fatto notare il quotidiano La Stampa - in un contesto di deficit cronico di personale. Edoardo Barelli Innocenti, presidente della Corte d’Appello torinese, comunque, ha già dichiarato di aver richiesto una relazione sul fascicolo di Said.

Stefano forse scambiato per un'altra persona

Domenica 31 marzo, Said Mechaouat si è presentato dai carabinieri di Torino e si è autoaccusato dell'omicidio sul lungo Po Machiavelli. Ai militari ha confessato: "Sono stato io, ho ucciso Stefano Leo perché sorrideva e aveva un'espressione felice". Nuovi elementi emersi nel corso delle indagini, però, farebbero pensare che Stefano Leo sia stato ucciso forse per uno scambio di persona.

Si pensa, infatti, che il killer volesse uccidere il nuovo compagno dell'ex moglie (che abita proprio nelle vicinanze dei Murazzi).

Mercoledì, il giudice per le indagini preliminari Silvia Carosio ha convalidato il fermo del 27enne sottolineando, nella sua relazione, la sua fredda lucidità e l'elevatissima aggressività, totalmente priva di freni inibitori. E, proprio nelle stesse ore, si è scoperta la vecchia condanna per maltrattamenti (risalente al giugno 2016) e la sentenza in appello "andata persa".