Il figlio di genitori separati, quasi maggiorenne, è in grado di decidere autonomamente se vedere il genitore non convivente o meno, purché si dimostri che tale decisione è stata presa senza essere stato in qualche modo plagiato dall'altro genitore. In tal caso, il genitore convivente con il minore deve essere ritenuto completamente esente da colpa. Sono queste le conclusioni a cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione e che sono state sintetizzate nell'Ordinanza n°27207/2019 della Prima Sezione Civile.

I fatti che hanno portato al giudizio della Corte

La Suprema Corte di Cassazione si è trovata di fronte al ricorso presentato da un padre separato che si è visto limitare gli incontri con la figlia minorenne, nonostante il giudice di primo grado avesse concesso l'affidamento condiviso, in quanto la Corte d'Appello avrebbe giudicato che la figlia non convivente potesse soffrire dagli incontri con il padre che lei stessa aveva chiesto di non vedere così assiduamente come era stato disposto dal Tribunale. La giovane viveva con la madre, persona definita dalla Corte d'Appello fragile ma comunque in grado di svolgere il suo ruolo genitoriale, e aveva sofferto molto durante il matrimonio dei genitori per la loro costante conflittualità.

La Corte d'Appello aveva accolto le doglianze della figlia e limitato ulteriormente il diritto di visita del padre. Contro tale decisione l'uomo ha proposto ricorso per Cassazione facendo presente che era stato costretto diverse volte a rivolgersi all'autorità giudiziaria per far cambiare le modalità di visita e affidamento della figlia.

L'uomo, infatti, riteneva di essere ostacolato e osteggiato nello svolgimento del suo ruolo di padre dalla ex moglie che veniva considerata la vera responsabile di questo comportamento molto distaccato della figlia, arrivando al punto di fargli adottare comportamenti denigratori nei suoi confronti. Di tali asseriti comportamenti denigratori la Corte d'Appello, assistita dai competenti Servizi Sociali, non avrebbe trovato riscontro alcuno.

Come detto, contro tale decisione l'uomo ha fatto ricorso in Cassazione per ottenere l'affidamento esclusivo della figlia.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte nel riepilogare i fatti di causa chiarisce preliminarmente che il ricorrente ex marito aveva sostenuto che i giudici di merito non aveva adottato gli opportuni provvedimenti richiamati dall'articolo 709 ter del Codice di Procedura Civile. Anche considerando il fatto che il ricorrente era stato oggetto da parte della ex moglie di una denuncia per abusi sessuali sulla figlia minore poi rivelatasi infondata.

La Corte di Cassazione, comunque, ha ritenuto infondati i motivi proposti dal ricorrente. Secondo il Supremo Collegio, infatti, la proposizione di tali doglianze aveva l'unico obiettivo di ottenere un'impropria rivalutazione degli elementi di fatto a base della decisione impugnata.

Infatti, come ha evidenziato la Cassazione, la Corte territoriale ha correttamente valutato i comportamenti dei due ex coniugi e della figlia minorenne, anche avvalendosi della consulenza dei Servizi Sociali e di un Consulente Tecnico d'Ufficio. Per di più, la giovane è diventata maggiorenne nelle more della controversia legale. Ed in fase istruttoria la Corte territoriale ha validamente appurato che il distacco della figlia dal padre si è verificato per una scelta consapevole e deliberata di quest'ultima, e non certo per l'asserita influenza negativa della madre. La stessa denuncia per presunti abusi sessuali, chiarisce il giudice di legittimità, non ha avuto alcun intento calunnioso nei confronti dell'ex marito.

Di conseguenza, la Cassazione concorda con la Corte territoriale ritenendo che su tale denuncia non possa giustamente fondarsi la richiesta del ricorrente in base alla quale vengano adottati nei confronti dell'ex moglie i provvedimenti opportuni di cui all'articolo 709 ter del c.p.c. Anzi l'attività istruttoria ha evidenziato una notevole conflittualità tra la figlia ed il padre. Di conseguenza, non possono nemmeno ritenersi fondate, ribadisce la Corte, le richieste di adozione di provvedimenti dissuasivi nei confronti della madre. Infatti, quest'ultima non si è resa inadempiente ad alcun provvedimento esecutivo per il quale debba applicarsi quanto disposto dall'articolo 614 bis del Codice di Procedura Civile in tema di "Misure di coercizione indiretta". Per tutti questi motivi la Cassazione ha rigettato il ricorso.