Dopo la controversa decisione del governo statunitense di uccidere il generale iraniano Qassem Soleimani, da alcuni salutata come un vero e proprio attentato, da altri come una spedizione in nome della libertà, ci si prepara ad un pericoloso scontro, capace per la sua portata di coinvolgere anche Paesi per ora rimasti estranei alla disputa. Certo è che l'attacco mirato da parte degli USA, ultimo episodio di decenni di interventi americani nel Medio Oriente, è andato a colpire un punto molto caldo, anche nell'ottica di un conflitto su larga scala.

La prima risposta da parte dell'Iran non si è fatta attendere.

Bombardate due basi militari americane

Già ieri Ali Shamkhani, segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza di Teheran, ha dichiarato di aver in serbo ben tredici possibili piani di vendetta dopo la morte del generale Soleimani e che le basi statunitensi più vicine ai confini iraniani dovevano considerarsi in stato di massima allerta, con perfino il possibile impiego di missili a media e lunga gittata.

Uno scenario che, secondo le parole di Shamkhani, dovrebbe portare l'America a vivere un "incubo storico", paragonabile ad un nuovo Vietnam. Qualche giorno fa, peraltro, un altro membro di spicco dell'establishment iraniano, Mohsen Rezai, ha affermato di voler cancellare dalle carte geografiche Israele, storico alleato americano, alimentando perciò il timore di un conflitto allargato.

Stamattina, la teocrazia sciita di Teheran è passata dalle parole ai fatti, lanciando missili sulle basi americane di Ayn al-Asad e di Erbil. Secondo fonti provenienti dallo stesso Iran, il bilancio sarebbe di ottanta morti e duecento feriti, ma da Washington non arrivano conferme di questi numeri.

Il tweet di Trump: 'Tutto ok', bluff iraniano?

Mentre l'Ayatollah Khamenei parla di un "primo schiaffo" al nemico statunitense, Donald Trump, che terrà a breve un discorso ufficiale, si è espresso ottimisticamente sui social, minimizzando la situazione relativa alle due basi bombardate in Medio Oriente.

C'è già chi sostiene che l'Iran abbia volontariamente evitato di causare ingenti danni alle basi USA, così da evitare, da un lato, un conflitto impari con l'America e di soddisfare, dall'altro, l'indignata opinione pubblica iraniana, ancora in lutto per la morte di Soleimani, considerato un vero e proprio martire dai più.

Non è un caso, infatti, sostiene su Twitter il reporter delThe Guardian Michael Safi, che l'attacco missilistico sia stato sferrato contro basi già in massima allerta, in modo da non causare morti e feriti, pur concedendo al popolo iraniano di cantare vittoria. Questo, ottimisticamente, porterebbe allo smorzarsi delle preoccupanti schermaglie belliche tra Washington e Teheran in questo inizio di 2020.