Lunedì 4 maggio in Italia è iniziata la Fase 2 dell'emergenza Coronavirus con parziale allentamento del lockdown e ritorno al lavoro di circa 4 milioni di persone. Si tratterebbe di una ripartenza estremamente prematura, con ben tre mesi di anticipo: la fine dell'epidemia nella penisola, potrebbe non avvenire prima del prossimo 5 agosto. Lo sostiene uno studio previsionale del Chinese PLA General Hospital di Pechino e della Università medica militare di Shijiazhuang pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Medicine.

Fase 2, per uno studio cinese riapertura prematura

Il team di ricerca cinese del Second Medical Center presso il Chinese PLA General Hospital, coordinato dall'epidemiologo Wangping Jia, ha condotto un'indagine previsionale comparativa. Ha messo a confronto il caso italiano con quello cinese di Hunan, epicentro della pandemia, perché hanno un numero simile di abitanti, circa 60-70 milioni, ma il nostro Paese è stato uno dei più colpiti al mondo dal Coronavirus. Inoltre, il fatto che la provincia di Hunan sia entrata da marzo in una fase senza infezioni, per gli scienziati può essere d'aiuto ad altri Paesi per osservare l'intero decorso dell'epidemia, ed attuare appropriate strategie di salute pubblica.

Lo studio ha utilizzato il database fornito dalla Johns Hopkins University. Si è avvalso di un modello matematico epidemiologico standard, sviluppato per mettere a confronto i dati dell'epidemia cinese con quelli italiani, valutare le differenze tra i due Paesi, e prevedere i prossimi sviluppi italiani. La differenza tra Cina ed Italia sarebbe dovuta alla mancata tempestività nell'attuazione di rigide misure di contenimento del contagio nel caso italiano.

Secondo lo studio, il Covid-19 si sarebbe diffuso rapidamente nella penisola dopo il 21 febbraio, perché ci sarebbe stata una tardiva presa di coscienza della presenza dell'infezione sul suolo italiano. Quando sono state attuate, a Hunan come in Italia, rigorose politiche di controllo del contagio, i numeri ne hanno dimostrato la piena efficacia.

Inoltre, il report sostiene che dall'esperienza della Cina, varie misure di controllo, tra cui la diagnosi precoce e l'isolamento di individui con sintomi, le restrizioni dei movimenti, il monitoraggio medico e gli screening in entrata o in uscita, possono impedire efficacemente l'ulteriore diffusione di Covid-19.

Ora l'Italia è appena entrata nella Fase 2. Ma le indicazioni dello studio sono diverse: "Sulla base del nostro modello, l'Italia dovrebbe ancora mantenere tutti i livelli di quarantena fino al 5 agosto", è scritto nelle conclusioni. Al contempo, i cinesi invitano a non prendere per oro colato il loro studio. Avvisano che il modello matematico messo a punto ha diversi limiti, e che le variabili in gioco sono tante, prima tra tutte il periodo d'incubazione della malattia.

Fase 2, per l'Imperial College di Londra ci sarà una nuova ondata

In coincidenza con l'avvio della Fase 2, l'Imperial College di Londra ha a sua volta pubblicato un report che prevede una nuova, e peggiore, ondata di contagio in Italia. Lo studio inglese ipotizza tre scenari per i prossimi due mesi. Il primo a mobilità invariata rispetto alla fase di lockdown, il secondo con un aumento della mobilità degli italiani del 20%, il terzo del 40%. Se il Paese fosse rimasto in quarantena, da qui alle prossime otto settimane, si sarebbe verificata una continua riduzione dei decessi fino alla cessazione dell'epidemia. Con mobilità della popolazione del 20% o 40% rispetto ai livelli pre-lockdown, secondo lo studio si verificherebbe un incremento dei decessi anche maggiore rispetto alla prima ondata.

Secondo i ricercatori inglesi, infatti, la percentuale di popolazione che è stata contagiata sarebbe lontana dalla soglia di immunità di gregge. Per questo propongono all'Italia misure quali distanziamento sociale, tamponi, tracciamento dei contatti e isolamento delle persone contagiate.

Fase 2, la comunità cinese di Prato sceglie la prudenza

Dopo quelle di Londra e Parigi, la comunià cinese di Prato è la più grande d'Europa con circa 25 mila persone e 4800 aziende di pronto moda. La comunità si era distinta per la scelta di mettere in quarantena i suoi componenti già a metà gennaio, molto prima dell'avvio delle misure governative. Il risultato è che Prato è stata una delle province meno colpite dai contagi.

Ma, mentre da lunedì a Prato gli imprenditori italiani del settore tessile hanno riaperto, la comunità cinese ha deciso di continuare l'autoquarantena. Preferisce rinviare l'avvio della Fase 2 a quando la curva dei contagi sarà appiattita. "È troppo presto per riaprire, la situazione sanitaria non è ancora sotto controllo”, ha detto il consigliere comunale italocinese Marco Wong. Per poi aggiungere: "La Cina ci insegna che bisogna riaprire gradualmente. Noi vogliamo attenerci alle indicazioni degli esperti: secondo loro è ancora troppo presto per riaprire. Non vogliamo mettere in pericolo la nostra salute".