Maria Rita Gimsondo torna a parlare di Coronavirus dalle colonne de Il Fatto Quotidiano. La nota virologa, direttrice del laboratorio di Microbiologia e Virologia del Sacco di Milano, ha messo in evidenza alcuni aspetti alla diffusione del Sars-Cov2. In particolare si è soffermata sugli asintomatici. Una categoria di contagiati che anima il dibattito scientifico, in relazione ad un virus nuovo e su cui ancora si hanno poche certezze.

Bollettino con contagi in aumento, ma tiene banco la questione asintomatici

Con asintomatici si intendono quei soggetti che, sottoposti a tampone, risultano infettati dal Sars-Cov2 ma non presentano alcun tipo di sintomo riconducibile alla Covid.

Si tratta della maggioranza dei soggetti rintracciati in questa fase tra quelli quotidianamente annunciati dal bollettino del Ministero della Salute. Si tratta di persone che, potenzialmente, sono in grado di infettarne altre, tengono il virus in circolo e a scopo precauzionale sono comunque obbligate all'isolamento. La scienza si interroga sul perchè ad alcune persone il Sars-Cov2 di fatto non faccia sviluppare i sintomi della Covid-19 e ad altre si. Trovare una risposta potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nella strategia medica di contrasto al virus.

Vaccino coronavirus non scontato, ma ci sono altre ricerche che offrono ottimismo

Maria Rita Gismondo spiega come, ad oggi, esista una ricerca del professor Giuseppe Remuzzi dell'Istituto Negri di Bergamo che sembra dare conferma di quella che era stata una sua ipotesi fatta qualche mese fa.

"Nel suo articolo - specifica la virologa - che una parte rilevante della popolazione sia già stata esposta in passato a qualcosa che assomigliava a Sars-Cov2 prima ancora che il virus fosse scoperto". L'immunità, a quel punto, sarebbe resa possibile dall'azione delle cellule T (linfociti T) la cui stimolazione avviene tramite il contatto con alcuni microrganismo.

L'ipotesi che, a questo punto, entrerebbe in scena è che gli asintomatici non svilupperebbero la malattia Covid-19 poiché avrebbero "conservato - scrive la Gismondo - memoria di infezioni simili". Il raffreddore, ad esempio, stimola le cellule T. A rafforzare l'ipotesi c'è un altro studio di ricercatori californiani di San Diego, che avrebbero trovato un range di 40-60% di campioni di cellute T in grado di riconoscere il Sars-Cov2.

Quello che fa emergere la dottoressa Gismondo è che si tratta di un dato che darebbe la possibilità di lavorare su vaccinazioni in grado di stimolare la memoria di queste cellule e rendere efficace la protezione pe il Sars-Cov2.

Si sottolinea, inoltre, come i bambini a causa di una vaccinazione più recente potrebbero avere una memoria immunologica più attiva e funzionale rispetto agli anziani.

Per la virologa queste evidenze potrebbero offrire una visione ottimista del futuro, in relazione ad una possibile convivenza con il Sars-Cov2. "Non è per niente scontato - ha chiosato - che ci abbandoni, né che si trovi la soluzione per eliminarlo con un vaccino".