Nella serata di domenica 15 novembre un portavoce di Downing Street ha riferito che il primo ministro Boris Johnson “tornerà in autoisolamento” dopo aver avuto un incontro con un deputato risultato in seguito positivo alla Covid-19.

Sistema di tracciamento

La vicenda ha avuto inizio nella mattinata di giovedì 12 novembre quando Boris Johnson ha accolto per 35 minuti, e senza l’ausilio di mascherine di protezione, nella sua residenza a Downing Street, una delegazione di deputati della contea di Nottinghamshire. Tra di loro presenziava il deputato Lee Anderson, del distretto di Ashfield, il quale, già dal giorno dopo, ha cominciato a lamentare la manifestazione dei primi sintomi del Covid-19. Il tampone poi ha tolto ogni dubbio.

Dopo la positività di Anderson il sistema di tracciamento messo in atto dal ministero della salute inglese ha subito avvertito Boris Johnson, disponendo per lui un nuovo isolamento, la cui durata non è stata ancora precisata.

L’isolamento

I termini dell’isolamento imposto a Boris Johnson non sono stati indicati con precisione, sebbene le direttive dell’NHS, il sistema sanitario nazionale inglese, predispongano in questi casi un isolamento di 14 giorni. Da stabilire saranno anche le modalità con le quali il primo ministro continuerà a svolgere i propri incarichi, peraltro in una settimana non avara di ripercussioni politiche per il partito conservatore a capo del governo, dopo l’estromissione, dallo staff di Johnson, di uno degli artefici della Brexit, Dominic Cummings.

Oltre a ciò, proprio sul versante Brexit, sarà una settimana cruciale per il proseguimento dei negoziati tra Uk e UE: Bruxelles aveva fissato il 19 novembre come data di scadenza per il raggiungimento di un accordo sulle relazioni future post Brexit, tra cui il libero scambio, al fine di scongiurare il cosiddetto “no deal”.

Nel frattempo, su Twitter, Downing Street fa sapere che Boris Johnson continuerà a lavorare e a rilasciare dichiarazioni all’interno della sua residenza.

Coronavirus nel Regno Unito

Boris Johnson si trova quindi ad affrontare da vicino, per la seconda volta, l’emergenza Coronavirus: già lo scorso aprile infatti il premier inglese era stato ricoverato in terapia intensiva a seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni dopo la positività al Covid-19.

Fortunatamente lo stesso Johnson ha voluto rassicurare tutti con un post su Twitter circa le sue condizioni di salute: “Sono in buona salute e non ho sintomi, mi sento in gran forma e continuerò a lavorare sulla nostra risposta al virus”. Nel frattempo il Regno Unito conferma la sua posizione di paese europeo più colpito dal coronavirus, al quinto posto nel mondo, avendo da poco superato le 50 mila vittime. Per stabilire se il nuovo lockdown imposto al paese, e che dovrebbe terminare il 2 dicembre, si dimostrerà efficace, saranno decisive le prossime due settimane, come spiega la professoressa Susan Michie, membro del Sage (gruppo consultivo scientifico del governo per le emergenze): ”Saranno due settimane molto impegnative, in parte a causa del tempo, in parte perché, penso, la promessa di un vaccino potrebbe far sentire le persone troppo sicure. Ma è molto improbabile che il vaccino arrivi fino alla fine dell’anno o all’inizio del prossimo anno e questo, quindi, non farà alcuna differenza per l’attuale seconda ondata”.