Dal 28 aprile nelle strade delle città colombiane si porta avanti una guerriglia. Le proteste, dapprima pacifiche, sono iniziate per l’opposizione verso la riforma fiscale del presidente Ivan Duque e del ministro dell’economia: Alberto Carrasquilla. La nuova legge fiscale è stata duramente criticata, accusata di colpire soprattutto i ceti inferiori. Proprio per questo, dopo le prime proteste, il 2 maggio il presidente Duque ha ritirato la riforma, contestualmente si è dimesso il ministro Carrasquilla.

Le condizioni del paese

Dopo il ritiro della riforma le proteste sono diventate una più organica forma di critica verso l’operato del governo, accusato di una cattiva gestione della pandemia.

La Colombia, infatti, nel pieno della terza ondata, si trova in condizioni di pesante disagio economico. Il paese ha subito uno dei lockdown più lunghi al mondo, che ha causato la chiusura di oltre 500mila attività, secondo alcune stime il 43% della popolazione vive in condizioni di povertà, tra questi quasi 3 milioni di abitanti vivono con meno di 32 euro mensili. Anche la sanità è allo stremo, terapie intensive e posti letto scarseggiano, costringendo l’intero paese a una situazione precaria.

Le proteste

Sono questi i dati contestati dai manifestanti. Le proteste, cominciate in maniera pacifica, si sono svolte nelle maggiori città colombiane, degenerando presto in saccheggi dei negozi. A partire dal primo maggio il presidente Duque ha disposto l’uso dell’esercito, rendendo ancora più violenti gli scontri e causando l’uccisione di oltre 20 civili.

Il 28 aprile, a Cali, un poliziotto ha sparato a un ragazzo di soli 17 anni: Marcelo Agredo, il 2 maggio a Nicolas Guerrero, mentre filmava le proteste. “Ho sentito gli spari”, ha dichiarato al País Juan David Gómez, un avvocato presente sul posto. “All’inizio pensavo che la polizia stesse usando proiettili di gomma, invece erano armi da fuoco.

Il ragazzo è morto ai nostri piedi, davanti a venti o trenta persone che cercavano di aiutarlo. Lo abbiamo visto agonizzare”. Nella capitale Bogotà, nella notte del 4 maggio, gli scontri hanno causato il ferimento di 30 civili e 16 poliziotti, con numerosi negozi dati alle fiamme.

Le richieste di dialogo

Il presidente Duque, dopo le testimonianze delle violenze della polizia che circolano sul web, ha intrapreso la linea del dialogo con i vari movimenti sociali.

I contestatori, tuttavia, non hanno intenzione di far cessare lo sciopero nazionale, anzi dichiarano che non sia possibile aprire un dialogo con le attuali condizioni colombiane. Nonostante le richieste di dialogo, il presidente sta vedendo la sua popolarità scendere repentinamente, ora la sua rielezione nel 2022 è molto più difficile.