Con il passare dei giorni prende piede l’ipotesi inizialmente giudicata come la più improbabile: Liliana Resinovich si potrebbe essere tolta la vita. Tale ipotesi si fa strada dopo gli esiti dell’autopsia, che ha escluso diversi scenari tra quelli possibili: infatti il corpo della pensionata 63enne non presentava nessun segno di violenza. Quindi la donna non è stata accoltellata o strangolata.

Resinovich è scomparsa dalla sua abitazione di Trieste lo scorso 14 dicembre, per poi essere ritrovata, ormai priva di vita, il 5 gennaio: la salma era nel bosco dell’Ospedale psichiatrico, non lontano da casa.

Si è pensato che la vittima potesse essere stata soffocata da qualcuno, ma gli inquirenti hanno dovuto abbandonare anche questa pista dopo l’autopsia, perché – secondo il referto del medico legale Fulvio Costantinides – non ci sarebbe stata alcuna traccia di asfissia. Adesso si attendono i risultati di ulteriori accertamenti, come l’esame istologico per chiarire la situazione; tuttavia al momento – procedendo per esclusione – non si ipotizza che la pensionata possa avere assunto qualche sostanza letale, forse dei farmaci o della droga.

I risultati dell’esame tossicologico potranno chiarire le cause del decesso di Resinovich

La procura di Trieste ha disposto anche l’esame tossicologico, che potrà chiarire se Liliana Resinovich sia deceduta per avvelenamento e nel caso quale sia stata la sostanza responsabile: però ci vorrà almeno un mese per avere i risultati.

Nel frattempo gli inquirenti non hanno raccolto nessun indizio che possa far pensare a un delitto. Tuttavia il corpo della donna è stato ritrovato all’interno di due sacchi neri della spazzatura, in posizione fetale; inoltre la testa era infilata in due sacchetti di naylon chiusi intorno al collo, senza essere stati stretti eccessivamente.

In passato ci sono stati casi di persone che si sono tolte la vita soffocandosi e utilizzando delle buste in plastica, ma la dinamica di tale ipotetico suicidio è sembrata comunque strana, anche per la presenza dei sacchi intorno al corpo, che avevano fatto pensare all’intervento di un’altra persona.

La nuova ricostruzione delle ultime ore di Liliana Resinovich

Dopo i risultati dell’autopsia, gli inquirenti hanno ipotizzato una nuova dinamica dei fatti: Liliana Resinovich stava attraversando un momento sentimentale difficile, visto che si sentiva divisa tra il marito e un suo ex, ritrovato dopo quarant’anni. Quindi avrebbe maturato l’idea di farla finita, sarebbe andata nel boschetto e avrebbe ingerito le sostanze che l’hanno uccisa. Poi avrebbe infilato i due sacchi neri e si sarebbe stesa a terra, non prima di aver stretto al collo le due buste di nylon, in modo da assopirsi per la mancanza di ossigeno e poter lasciarsi andare. Una dinamica che, però, appare molto particolare: qualcun altro potrebbe infatti aver somministrato le sostanze letali alla donna.

Il marito e l’amico ritrovato di Liliana Resinovich

Sullo sfondo di questa misteriosa vicenda di Cronaca Nera restano due figure: la prima è quella di Sebastiano Visintin, marito della vittima, un fotoreporter in pensione di 72 anni. L’uomo inizialmente non sembrava credere all’ipotesi del suicidio, aggiungendo di non essersi mai accorto di un malessere della moglie; tuttavia non sapeva che Liliana fosse tornata a frequentarsi con un ex, conosciuto ben 40 anni prima. Questo secondo personaggio chiave si chiama Claudio Sterpin e ha 82 anni: ha fermamente negato di essere l’amante della vittima, ma ha anche rivelato che Resinovich era pronta a lasciare il marito. L’avrebbe fatto il 16 dicembre, prima di partire con l’amico per un fine settimana di vacanza insieme.

Visintin ha replicato a queste affermazioni dicendo di non sapere nulla di questa storia e accusando il "rivale" di aver plagiato sua moglie. Gli inquirenti che stavano vagliando le posizioni dei due, ora sono tornati a considerare l'ipotesi che Liliana abbia scelto di togliersi la vita: per questo motivo sono stati effettuati ulteriori rilievi sull’armadietto delle medicine nell’abitazione della donna.