I carabinieri della compagnia di Agrigento hanno fermato oggi, 1° febbraio, il 57enne Gaetano Rampello, assistente capo coordinatore della Polizia di Stato in servizio al decimo Reparto Mobile di Catania. Ha confessato di aver ucciso il figlio 24enne, Vincenzo Gabriele Rampello. Il delitto è stato commesso stamattina a Raffadali, nell'agrigentino.

Agrigento, omicidio in strada: un'esecuzione

Il 24enne Vincenzo Gabriele Rampello è stato ucciso poco dopo le 11 in piazza Progresso, in pieno centro, a pochi passi dalla sede del Comune di Raffadali, con 15 colpi d'arma da fuoco.

Sarebbero stati sparati a distanza ravvicinata. Il 24enne sarebbe stato raggiunto da un proiettile alla testa, forse quello letale, poi da altri colpi al torace quando era già a terra. Sul posto sono arrivati i militari della locale stazione e pattuglie dell'Arma del Comando Provinciale di Agrigento. L'omicidio è avvenuto sotto l'impianto di telecamere di sorveglianza installate dal Comune a piazza Progresso. Ciò ha permesso agli inquirenti, in tempi molto rapidi, di ricavare elementi utili alle indagini e di ricostruire la dinamica del delitto.

Nella piazza il padre del ragazzo, l'agente di Polizia Gaetano, era seduto su una panchina alla fermata in attesa del pullman di linea per andare a Catania a prendere servizio.

Di lì a poco, è stato raggiunto dai carabinieri della compagnia di Agrigento, coordinati dal maggiore Marco La Rovere e dal capitano Alberto Giordano, ed è stato posto in stato di fermo. Nel suo zainetto gli inquirenti avrebbero trovato più armi da fuoco, oltre a quella in dotazione completamente scarica.

Agrigento, la confessione del padre poliziotto

Gaetano Rampello è stato portato in caserma per essere interrogato dal magistrato di turno, Chiara Bisso, e dal capitano Alberto Giordano. Sulle prime, l'assistente capo della Polizia che si occupa di ordine pubblico a Catania, assistito dall'avvocato Daniela Posante, non ha ammesso le proprie responsabilità.

Messo alle strette dalle immagini delle telecamere di sorveglianza, ha confessato l'omicidio del figlio al culmine di una lite. L'uomo, strattonato dal figlio, in un primo momento gli aveva voltato le spalle come intenzionato ad andarsene. Dopo poco, ha fatto dietro front e gli ha scaricato addosso l'intero caricatore dell'arma d'ordinanza.

Nel frattempo, gli inquirenti avevano già ricostruito una storia familiare caratterizzata da dissidi, anche di natura economica, tra il padre e il figlio. Dopo la separazione dei genitori, il ragazzo era rimasto a vivere da solo a Raffadali, paese d'origine del padre. La mamma, invece, vive a Sciacca con un nuovo compagno. Il 24enne, che soffriva di disturbi psichici, aveva precedenti e una settimana prima di essere ucciso era stato denunciato per stalking.

Il movente del delitto sarebbe stata una richiesta di denaro: avrebbe chiesto al padre 50 euro.

Le parole del procuratore di Agrigento

Negli ultimi giorni, l'agrigentino è stato al centro della Cronaca Nera per terribili fatti di sangue. Lo scorso 26 gennaio, a Licata, un uomo ha ucciso quattro parenti, il fratello, la cognata e i due nipoti, una 15enne e l'altro 11enne, e poi si è suicidato al culmine di un contenzioso familiare per terreni ereditati. Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha voluto evidenziare che l'omicidio di oggi, come la strage di Licata, sono tragici segnalatori di malesseri sociali e familiari profondi, acuiti dall'isolamento causato dalla pandemia, non contenuti da un sistema socio-sanitario-assistenziale che non è in grado di offrire servizi idonei alla collettività.

"Spesso - ha sottolineato il procuratore - quelli che vengono definiti gesti di follia sono il frutto di importanti conflitti che il sistema, quello ampio e quello giudiziario, non è in grado di arginare e contenere in modo adeguato "

Silvio Cuffaro, sindaco di Raffadali, ha detto che il 24enne era un ragazzo buono che non faceva del male a nessuno e ha aggiunto che la comunità è sconvolta. In paese tutti conoscevano Vincenzo ed erano noti i suoi problemi psichici "molto gravi". Il primo cittadino ha riferito che il ragazzo era stato ricoverato più volte in strutture private anche a Licata, per tanto tempo. Il Comune aveva preparato per lui un progetto motivazionale: l'obiettivo era quello di farlo lavorare e garantirgli un'entrata fissa mensile.

Ma il ragazzo avrebbe temuto gli assistenti sociali, come di poter subire ancora altri ricoveri. A prendersi cura di lui era un zio, il fratello della mamma, impiegato comunale. Vincenzo viveva in una casa vicina a quello dello zio che ha raccontato che il 24enne aveva vissuto molto male la difficile separazione dei genitori.