È stato convalidato dal Gip di Milano il fermo per la trentasettenne A. P., la madre della piccola Diana, la bambina di 18 mesi lasciata sola in casa per sei giorni e poi morta di stenti e senza accudimento a metà luglio nella periferia est di Milano. Per la donna è stata disposta la custodia cautelare in carcere

Il Gip ha anche escluso l'aggravante della premeditazione.

I fatti: la donna era andata a Leffe lasciando la figlia sola a Milano

La donna di 37 anni una mattina di metà luglio era stata vista dai vicini salire su una macchina, è diretta a Leffe, in provincia di Bergamo, dal suo compagno.

Nessuno però fa caso al fatto che è sola quando sale su quell'auto, la piccola Diana non è con lei.

A.P. rimane a Leffe sei giorni, nei quali la bambina resta completamente sola a Milano, abbandonata in un lettino da campeggio, in una stanza dalle finestre chiuse.

Il corpo della piccola Diana viene trovato sei giorni dopo, senza vita, dalla stessa madre. Sul lettino da campeggio dove giace la bambina c'è un biberon con un po' di latte e in cucina un flacone con delle benzodiazepine, un potente ansiolitico. La piccola Diana è morta di stenti, tra la fame, il caldo e la sete, senza nemmeno riuscire a piangere. La madre prova a svegliarla, a scuoterla, le butta un po' di acqua sul viso, le dà qualche pacca sulla schiena, ma ormai per la piccola non c'è nulla da fare.

Scende in strada, urla, chiama i vicini che avvertono il 118.

Per la giovane mamma scattano le manette. L'accusa è omicidio volontario pluriaggravato. La donna si difende affermando di essere una buona madre e al magistrato che la interroga dice di essere consapevole che la bambina era sola e che avrebbe potuto succederle qualcosa.

Si attendono gli esiti degli esami tossicologici

Secondo quanto emerso, la donna non era nuova a fughe di casa, lasciando sola la piccola Diana. Spesso frequentava uomini conosciuti su Internet. I vicini raccontano di una mamma troppo distante, quasi indifferente. Alcuni descrivono la bambina come molto tranquilla. L'ultima fuga, quella fatale, dal compagno in provincia di Bergamo, al quale, ignaro di tutto, aveva raccontato che la bambina era con la sorella.

Diana portava il cognome della madre, in quanto il papà biologico non c'è mai stato.

Ora si attendono gli esiti degli esami tossicologici eseguiti sul corpo della bambina, per accertarsi se la madre le abbia somministrato degli ansiolitici per non farla piangere.