Il mondo del ciclismo professionistico torna nelle aule dei tribunali con l’inchiesta che riguarda l’ex squadra Vini Zabù, sciolta nel 2022 a seguito di un caso giudiziario emerso l’anno precedente. Dopo quattro anni di indagini complesse, coordinate dalla Procura di Pistoia e condotte dai carabinieri del Nas di Firenze, dieci persone sono state rinviate a giudizio con accuse che spaziano dal doping all’estorsione.
Le accuse spaziano dall'estorsione al doping
Tra gli imputati ci sono sette corridori e il direttore sportivo del periodo, accusati di doping ai sensi dell’articolo 586 bis del codice penale, e tre sospettati di estorsione per il presunto sistema del “paga per correre”, che avrebbe visto diversi ciclisti costretti a versare soldi per poter gareggiare.
Tra i principali indagati figurano il team manager Angelo Citracca, 56 anni, e il direttore sportivo Luca Scinto, 57, entrambi con un passato da professionisti, oltre al corridore Matteo De Bonis, risultato positivo all’Epo in un controllo fuori gara effettuato quattro anni fa. È stato proprio questo riscontro, insieme a un report riservato dell’Agenzia antidoping svizzera basato su segnalazioni anonime, a far partire l’indagine.
Le perquisizioni del 2021 hanno coinvolto sedi, magazzini e officine del team alla ricerca di sostanze proibite o prove di illeciti. Le segnalazioni anonime avevano denunciato pressioni psicologiche, minacce e richieste estorsive ai danni degli atleti, costretti a restituire parte degli ingaggi per poter correre.
Le indagini hanno documentato un sistema illecito per reclutare ciclisti di livello inferiore, i quali pagavano per ottenere un contratto attraverso società di comodo all’estero, in particolare in Irlanda. I ciclisti firmavano accordi di restituzione totale o parziale degli stipendi, con la minaccia di esclusione dalle competizioni in caso di mancato pagamento. Anche le licenze di atleta professionista venivano acquistate in modo illecito attraverso federazioni compiacenti, con finti trasferimenti di residenza all’estero mai avvenuti.
Questa prassi, denominata “paga per correre”, costringeva molti corridori a ricorrere al doping per poter competere ad alti livelli nonostante la mancanza delle necessarie qualità sportive.
Inoltre, il meccanismo avrebbe favorito squadre senza risorse adeguate, consentendo loro di accedere a sponsorizzazioni ingannevoli.
Doping e ricatti nel ciclismo professionistico: inchiesta Vini Zabù, la prima udienza preliminare
Le ipotesi di reato sono quelle di uso e favoreggiamento di sostanze dopanti per sette atleti e uno dei direttori sportivi all’epoca del team e quella di estorsione in concorso in danno dei ciclisti per altri tre
Il 29 settembre 2025 si è tenuta davanti alla giudice Patrizia Martucci la prima udienza preliminare, durata poco e rinviata per questioni procedurali. Nessuno degli imputati ha rilasciato dichiarazioni. La prossima udienza è fissata per novembre 2025.