Una canzone che ha segnato il pensiero di tanti giovani, e che ancora oggi ispira tanti adolescenti al primo ascolto. In tanti sognano una vita spericolata, maleducata, di quelle piene di guai, che non dormi mai, di quelle dei film. Allora Vasco Rossi la scrisse a inizio anni '80, quando tanti giovani avevano il posto fisso - oggi diventato un termine che suona come arcaico e utopistico - magari un impiego alla Banca e alla Posta. Messe da parte le rivoluzioni più progettate che realizzate nel concreto e messe da parte le tensioni sociali del decennio precedente, la generazione anni '80 preferiva vivere di sogni e certezze, spensieratezza.

Ma c'era chi voleva vivere diversamente, senza paletti né imposizioni sociali. Proprio come quel Vasco, che a 33 anni nel 1983 scrisse: Vita spericolata. A 'La Stampa', in un articolo a firma di Marinella Venegoni, racconta come nacque quella canzone.

Vasco racconta che in quell'anno ormai lavorava come cantautore da cinque anni, ma senza avere una casa, né aver pubblicato un disco. Faceva solo concerti, viveva on the road. Aveva tagliato i ponti con tutti. Eppure aveva già realizzato canzoni stupende come Albachiara, Siamo solo noi, Fegato spappolato. Ma gli addetti ai lavori non lo volevano, perché per l'opinione pubblica veniva affiancato alla droga. Aveva pure colpito a Sanremo con Vado al Massimo nell'82, ma forse quell'esibizione non fece che accrescere quest'idea su di lui.

Poi la svolta. «A un certo punto Guido Elmi - racconta Vasco - mi porta uno che suonava il basso a Bologna, in un gruppo rock (…) è venuto con un nastrino, Tullio Ferro: era bellissima, la musica. Sono trasalito, e ho cominciato a collaborare». Ma il testo non è arrivato subito: «L'ho ascoltata per mesi, non mi veniva mai una cosa giusta.

Poi un giorno che eravamo a suonare in Sardegna, si è messo a piovere. Sono salito in macchina e ho messo il nastro. E ho pensato: "Voglio una vita..."».

Da qui è scattata la scintilla e ha inserito tutte quelle caratteristiche che deve avere una "vita spericolata", citate nell'incipit dell'articolo. Ha sfiorato pure una cover in tedesco: «Mi proposero di tradurre Vita spericolata in tedesco, e invece di McQueen ci misero Errol Flynn.

Figurarsi, non diedi il permesso. Niente traduzione».

Già Steve McQueen, venutogli in mente grazie al film "La grande fuga", dove sprigiona una irresistibile idea di libertà. Diversa, precisa il Blasco, da quella di James Dean perché spensierata, più divertita, non lacerata o incupita come quella di quest'ultimo.

Con Vita spericolata andò di nuovo a Sanremo, rivoluto dal Patron Rivera. L'accoglienza non fu un granché, ma per lui si trattò della definitiva consacrazione. Ma ebbe anche un blocco creativo, dovuto ai giorni passati in carcere: «Ho vissuto i 22 giorni di galera come la crocifissione, sono stato due/tre anni senza scrivere». Ma quell'esperienza non fece che crescere il mito Vasco e dopo quel blocco, il cantautore di Zocca forse frenò la sua "vita spericolata", ma scrisse tante altre perle. Per nostra fortuna.