L'intento non è quello di svelarvi la fine, ma solo di esprimere una nostra riflessione. Siamo stati a vedere il film di Checco Zalone, Quo vado, proprio nella giornata di ieri 2 gennaio 2016, e siamo rimasti davvero colpiti del finale a sorpresa. Nessun trailer avrebbe potuto ben riassumere quanto abbia potuto apprendere in soli pochi minuti della fine. Ci siamo seduti nella nostra poltrona con la sola idea di ridere, e in effetti la riforma del lavoro, della mobilità, ci ha fatto riflettere; avevamo l'idea di vedere raccontare la storia di un trasferimento e invece ci sono tanti trasferimenti.

È vero, Checco Zalone, il protagonista della vicenda, non vuole lasciare il posto fisso, e farà davvero di tutto per 'conservare il posto', ma mentre sembra attaccato ai privilegi, alla fine dimostra che proprio quei privilegi possono dare un vero contributo, non solo economico ma umano.

Il posto fisso, ma Checco insegna la generosità

Fin da piccolo, come si vede anche nel breve trailer di Quo vado, Checco vuole 'diventare' il posto fisso, nonostante tutti gli altri suoi compagni sognino di fare 'l'infermiere, l'astronauta, il giornalista'. E lo ottiene. Lo stereotipo della Pubblica Amministrazione in cui i dipendenti sono dei completi sfaccendati, fino al giorno della Riforma sul lavoro, che impone a tutti una scelta: trasferimento o dimissioni.

L'attaccamento al posto fisso, che costituisce il mantenimento dei privilegi non deve essere lasciato: ecco che entra in scena il viaggio e l'inseguimento dell'amministratore per costringerlo a firmare le dimissioni. Un gioco comico e attivo, che durante la visione fa continuamente riflettere, sugli avvenimenti, sui sentimenti che nascono, sulle parole dette in relazione ai valori di educazione, rispetto e civiltà; nessuno si annoia in sala, ma si alterna la risata al silenzio.

Perché? Le scene sono comiche, il carattere di Checco le accentua, ma all'interno c'è una storia, ci sono delle persone che nell'ingenuità di una rigida educazione insegnata sull'avere obbligatoriamente il posto fisso per essere rispettati, non dimenticano gli altri. E nemmeno l'amministratore della PA potrà mai convincere Checco a rinunciare al suo posto fisso, o almeno sembra, fino alla fine.

Arriva davvero qualcosa di più importante, ma che cosa? Oramai il buono e il cattivo sono stati già individuati dallo spettatore, rispettivamente Checco e il rappresentante della PA, e al suo 'Il mio augurio è quello che li spenda in medicine', tutto viene capovolto, le frasi, le parole e le intenzioni; nessuna risposta al male; forse per ingenuità, ma nessuno si prende il merito dell'azione. L'importante è fare ciò che si può, proprio grazie anche a quei 'privilegi del posto fisso'. Solo se avete visto il film o se andrete a vederlo capirete poi queste riflessioni, che porteranno anche il 'cattivo della PA' a commuoversi. Ecco perché diciamo che la fine è la parte più bella, fa ridere e piangere allo stesso tempo, il pentimento, l'aver creduto nella cattiveria di una persona, che invece per noi ha una buona parola, e non si prende i meriti che non stessi 'non abbiamo'. Per questo se desiderate farci sapere come la pensate e quale parte del film Quo vado vi è piaciuta di più, potete commentare qui sotto e/o continuare a seguirci cliccando su 'segui'.