Era il 31 gennaio 1977 quando, a Parigi, l'allora Presidente della Repubblica francese Valéry Giscard D'Estaing inaugurava il Centro Pompidou nel cuore della capitale, non senza critiche da parte dei parigini, conservatori e non. Il legame fra la cittadinanza e l'opera architettonica non è mai stato idilliaco, tanto che da sempre, comunemente, viene chiamato "la raffineria di petrolio", per tutta la plastica e i tubi colorati che formano l'edificio, che lo fanno somigliare più a una fabbrica che a un museo. Ma è opinione abbastanza condivisa che il problema non sia tanto la struttura in sé, quanto piuttosto la sua ubicazione, nel cuore di Parigi, in mezzo ad edifici antichi, a due passi dall'Hotel de Ville e lo storico quartiere di Chatelet.

In sostanza stiamo parlando della porzione più antica della ville lumière, quella che Victor Hugo definiva "La Cité" in "Notre-Dame de Paris": il nucleo fondante da cui partì lo sviluppo della città. Una scelta veramente coraggiosa da parte degli architetti ideatori: il nostro Renzo Piano e Richard Rogers, i quali però, nel tempo, sono stati premiati per la loro lungimiranza.

Se è pur vero che forse non assomiglia a tanti altri musei contemporanei - come per esempio l'acclamato Guggenheim museum a New York di Frank Lloyd Wright -, è indiscutibile che questo edificio, concepito non solo come museo ma come autentico centro promotore di arte e cultura, tanto che al suo interno si trova una delle biblioteche più grandi e frequentate di Parigi, in questi quarant'anni ha vinto tutte le sfide con i suoi spazi espositivi ben organizzati, tanto da contenere più esposizioni contemporaneamente in diversi ambiti artistici: dalle mostre monografiche sui grandi artisti francesi e stranieri, fino alle esibizioni di musica e danza.

In buona sostanza il Centro Pompidou non è un museo, non lo è mai stato nelle intenzioni di Piano e Rogers, ma una sala espositiva in itinere e in divenire dove tutto muta in un ciclo inarrestabile. E questo dato fondamentale ne accresce il successo, soprattutto in una città multiculturale, multirazziale, culturalmente esplosiva e dinamica come solo Parigi è nel mondo dagli inizi del 1900 a oggi.

Peraltro anche le statistiche confermano il suo successo: contrariamente al Louvre e al Musée d'Orsay, che nel 2016 hanno subito un lieve calo di visite, quelle inerenti il Centro Pompidou vedono un aumento di spettatori del 9%. E infatti, in occasione proprio di questa ricorrenza, è previsto un biennio di ristrutturazioni da 100 milioni di euro, segno che l'arte, se ben amministrata e curata, è una voce importante nell'economia di una città e di una nazione.

Ci si augura che questa lezione arrivi anche alle orecchie dei nostri politici, soprattutto visto il nostro straordinario patrimonio artistico che cade a pezzi sotto gli occhi increduli del mondo. Donc, bon anniversaire Beaubourg!