Fino al 2 febbraio 2017 Palermo si impregna di una luce caravaggesca: la mostra intitolata "Omar Galliani - Lorenzo Puglisi. Caravaggio, la verità nel buio”, aperta alla Cappella dell’Incoronazione, presenta le opere di due artisti contemporanei che traggono ispirazione dal Merisi. La retrospettiva, curata da Raffaella Resch e Maria Savarese, con il contributo di Mark Gisbourne, nasce dal connubio di due istituzioni: il Polo Museale Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo e il Pio Monte della Misericordia di Napoli. Abbiamo intervistato gli artisti per saperne di più.

Cosa vi attrae di Caravaggio?

Omar Galliani: La luce e l'ombra. Il suo percorso creativo ribalta i canoni classici della pittura di sempre. Nella notte buia dell'imprimitura riscatta la luce, le passioni, la bellezza e le ferite di una moltitudine di Santi incarnati. L'oblio in Caravaggio è dato dalla consapevolezza tragica di "esserci" in quel tempo e in quell'istante. La sua è la prima istantanea nella storia dell'arte. Non c'è tempo in lui per i disegni o gli studi preparatori. L'opera in lui è stupore, accadimento, nevralgia senza antidoto.

Lorenzo Puglisi: C’è una forza ed una intensità nelle immagini dipinte prodotte da alcuni pittori del passato che risveglia in me qualcosa di vitale e profondamente vero.

Accade in modo istantaneo, così come quando vedo il sole filtrare tra gli alberi o il baluginare degli occhi di un bambino: per me la pittura è questo, è infondere nella materia oleosa del colore una scintilla di vita. Caravaggio ha fatto questo nel suo lavoro, raffigurando con chiarezza e potenza la verità della natura umana in tutta la sua splendente mortalità.

Cosa avete assorbito dalla sua lezione?

O. G.: L'energia, il vigore, la dimensione, la teatralità, la bellezza e l'orrore, la delicatezza e lo sfregio, la carezza e l'offesa.

L. P.: Disvelare la natura di ciò che è guardato il più possibile, senza filtri emozionali come bello/brutto, mi piace/non mi piace, è un effetto della grande pittura: si è toccati nel vivo, e tanto basta.

Quando si guarda non ci sono parole, ma solo silenzio.

Come trovate la sede espositiva?

O. G.: La pietra e le curve di questa chiesa genuflessa ed evocativa accolgono sobriamente le mie opere a grafite realizzate con pioppo e carbonio. Basicità estrema e seduttiva. Una cavea senza tempo sospesa tra il sole e il mare.

L. P.: È una grande opportunità di respirare la tradizione; nella Cappella dove ha luogo la mostra venivano incoronati i re di Sicilia, il luogo è denso di avvenimenti carichi di energia. E siamo accolti dall’eccellenza museale di arte moderna e contemporanea di Palermo.

Come sono nate le opere esposte?O. G.: Quando penso a "Breve Storia del Tempo", una delle due grandi opere esposte, trovo immediato il collegamento emotivo con l'aura caravaggesca con cui si fregia il titolo di questa mostra.

Il rapporto luce / ombra, l'Istante bloccato e sospeso in una stanza in cui si muove qualcosa che appartiene all'anatomia del corpo e delle stelle. La seconda opera "Agnus Dei" (inedita) affronta un cielo in cui è sospeso l'incanto di una creatura muta e assente che guarda il mondo fuori dal mondo. Anche in questo caso le antinomie della luce e dell'ombra svettano sovrane.

L. P.: L’essenza stessa del progetto è la possibilità di guardare alle grandi opere del Caravaggio nei luoghi dei suoi ultimi anni di vita, mettendosi di fronte alla mancanza di un’opera, "La Natività", rubata nel 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo e ancora oggi perduta; e a Napoli, esponendo davanti a "Le sette opere di misericordia".

La scena classica vista attraverso il mio sguardo è un recente approdo del percorso che ho intrapreso, e questa occasione mi permette di tentare la rappresentazione della “Natività”, una tela ad olio di grandi dimensioni realizzata per questa mostra a Palermo. Insieme vi saranno altri lavori, come “Matteo e l’angelo” e “Ritratto 130915”, frutto di questo legame così forte con la grandezza del nostro passato.