A 4 anni dal film di Mira Nhair "Il fondamentalista riluttante" ambientato in Pakistan, ecco le riprese a Palazzo Reale de 'Il sogno del califfo' del marocchino Souheil Benbarka.
Il subcontinente indiano è più minacciato dal fondamentalismo rispetto al Marocco, dove anzi è stata abolita la pena di morte per chi cambia religione, imboccando la strada del pluralismo confessionale.
Ma l'Islam radicale pone questioni da approfondire. Per esempio: la parola Califfato, slogan dell'Isis, terrorizza l'opinione pubblica, ma è l'unica teoria politica musulmana.
Il califfo non è che l'erede di Maometto ed è guida di tutti i musulmani. Storiche sono le lotte nei primi secoli dell'Islam tra sciiti e sunniti per impossessarsi della discendenza, visto che il Profeta non era stato chiaro su chi dovesse prendere il potere dopo di lui.
Il tentativo egemonico
Il film affronta il problema storicamente, collocando la scena a fine '700 in Berberia. Ma il protagonista è occidentale: un ufficiale dell'esercito spagnolo in Marocco come agente segreto per rovesciare il sultanato locale. Perché i sultani non erano soltanto ottomani. Una curiosità: in Nord Africa ci furono anche sultane donne come scrive Fatima Merissi nel suo libro.
L'azione spagnola si rivela un tentativo di imporre un'autorità non affidabile per un popolo, che, semmai, preferisce il califfo, capo della Umma, la comunità politica e religiosa musulmana.
L'ufficiale si innamora di Lady Hester Stanhope, nipote del primo ministro inglese William Pitt.
In quel momento la Compagnia delle Indie è alle prese con la colonizzazione dell'India Sud Orientale dominata dai califfi Moghul di fede musulmana. Oggi ci sarà l'ultimo ciak a corte a Torino.
Per le 2 settimane di riprese in Italia, il regista ha scelto come location le residenze reali sabaude.
Ieri la direttrice dei Polo reale, Enrica Pagella, ha lanciato l'idea di collaborazione duratura con i Paesi islamici. Presto sarà in Bahrein.
Le scene de Il sogno del califfo sono state girate in 3 mesi, prevalentemente in Marocco. Con la partecipazione di Giancarlo Giannini, il film storico ruota intorno alla contrapposizione tra Islam moderato e radicale.
I nodi irrisolti
I protagonisti si trovano davanti all'alternativa tra progresso e tradizione. E' poi l'eterna diatriba tra sentimenti e legge che nell'Islam si dice Sharia, ma fu già il dissidio dell' Antigone di Sofocle.
Per gli occidentali, chi si attiene alla Sharia è un salafita. (Salaf significa tradizione). Ma il film vuol essere cosmopolita e rivive le parabole storiche di Spagna, Inghilterra, Francia, Marocco, Siria per cui in questi giorni a Ginevra proseguono i colloqui di pace sotto l'egida dell'Onu. Già allora erano in conflitto tra loro.
Ambizioso è stato anche il Turin Islamic Economic Forum che collaborerà con il Global Islamic Economy Summit di Dubai. E' stato affrontato insieme agli imprenditori musulmani il tema del prestito di denaro Alal, ovvero consentito dal Corano.
In teoria un musulmano non potrebbe chiedere finanziamenti, se non per la costruzione di infrastrutture e di immobili. Ogni investimento per far rendere il denaro è proibita, perché qualsiasi speculazione avviene nel tempo che appartiene ad Allah.
Per un occidentale resta difficile capire che nell'Islam tradizionale salafita non c'è una separazione tra leggi laiche e leggi religiose e che la Sharia è stata emanata da Allah attraverso Maometto. Con essa il Profeta ha legiferato sulla propria comunità e i primi califfi hanno portato l'Islam dall'Africa, alla Spagna, all'Afghanistan.