Mentre è di questi giorni la notizia che Daniel Craig ha accettato di girare un altro film nei panni della spia più famosa del mondo – e si allontanano ancora una volta le possibilità di vedere una donna interpretare James Bond, al Cinema arriva Atomica Bionda, storia di una spia donna che lavora per l’MI6 all’ombra della cortina di ferro.

Tutto qui, dunque, un contentino per i fan dei film bondiani alla ricerca di un cambiamento radicale? Non esattamente. Prima di tutto, Atomica Bionda non è una sceneggiatura originale ma è tratto dalla graphic novel The Coldest City, così amata da Charlize Theron che ne ha voluto fare un adattamento cinematografico e lo ha prodotto attraverso la sua casa di produzione, la Denver and Delilah, chiedendo come regista David Leitch.

Il risultato è uno spy movie dalle sequenze d’azione efferate nella loro crudezza ma molto coinvolgenti, dove il confine fra buoni e cattivi è così labile da essere quasi nullo e il colpo di scena finale lascia confusi e sorpresi, nonostante fosse stato presagito da più di un indizio durante il corso della storia.

La trama

L’anno è il 1989 e i giorni sono quelli immediatamente precedenti e successivi al 9 novembre, data emblematica della caduta del muro di Berlino. La neve cade a fiocchi lenti attorno al panorama di squallido abbandono che circonda i sobborghi attorno al muro, quando la spia James Gascoigne viene prima intercettata e poi uccisa dall’agente del KGB Yuri Bakhtin, che si impossessa di una misteriosa Lista, contenente informazioni su tutti i doppi agenti sotto copertura che lavorano nella città ancora divisa in due.

Nei fotogrammi successivi una donna bionda, ricoperta di ematomi, riemerge da una vasca riempita fino all’orlo di cubetti di ghiaccio, si rimette in sesto, brucia una foto che la ritraeva insieme proprio all’agente Gascoigne e si prepara ad andare a far rapporto a una commissione congiunta in cui sono presenti il suo capo dell’MI6 e un agente della CIA.

È a questo punto che la storia si mette in moto e conosciamo l’identità di questa bionda misteriosa: è l’agente dell’MI6 Lorraine Broughton, inviata a Berlino sotto mentite spoglie non solo per recuperare la suddetta Lista ma anche per trovare e uccidere Satchel, un doppio agente che sta tradendo i servizi segreti britannici per fornire informazioni al KGB.

Le condizioni fisiche di Lorrainne fanno intendere che fin dall’inizio la sua missione non sia stata semplice. Appena scesa all’aeroporto di Berlino, infatti, deve fare i conti con gli agenti del KGB inviati per ucciderla e un agente dell’MI6 sul campo, David Percival, che non sembra avere alcuna voglia di collaborare con lei ma è piuttosto intenzionato a usarla per altri scopi personali non meglio identificati.

A peggiorare la situazione, un altro agente del KGB, Aleksander Bremovych, si è messo sulle tracce non solo della Lista ma anche di Spyglass, il contatto nella Stasi che l’ha passata a Gascoigne e che, a quanto pare, ne conosce a memoria tutti i nominativi. Nel mezzo si inserisce Delphine Lasalle, inesperta agente francese a Berlino da un anno, che diventerà amante di Lorraine e le fornirà informazioni interessanti sullo stesso Percival.

Lorraine, alla fine, deciderà di collaborare di malavoglia con Percival per portare per lo meno Spyglass dall’altro lato del muro, ma è a quel punto che la missione si complicherà esponenzialmente, perché il misterioso agente Satchel è operativo e intento a fornire agli agenti del KGB ogni mezzo possibile per arrivare alla Lista prima dell’MI6 e della stessa CIA.

Lo stile letale di una spia biondissima

Sono molti i punti forti di un film che è stato curato sotto ogni dettaglio, dalla musica ai costumi, dalle scene d’azione alle ambientazioni. L’atmosfera del film evoca una Berlino fredda, decadente eppure pulsante di vita, di caos e soprattutto di violenza. Le sequenze all’ombra del muro o in un vagone della metro vecchio e imbrattato di graffiti, così come quelle degli inseguimenti nelle stradine strette della città o dei combattimenti sanguinosi e serratissimi nei palazzoni poveri e spogli dell’Est richiamano le atmosfere di film, come Gorky Park, girati proprio durante la Guerra Fredda, quando quel passato era ancora un fin troppo vivido e minaccioso presente.

Il tutto è però rielaborato da uno sguardo contemporaneo in chiave attuale e il risultato finale è decisamente più patinato e ad alta definizione di qualsiasi filmato dell’epoca. Esattamente come accade alle musiche del film, tutti pezzoni pregiati della musica degli anni Ottanta – il film si apre con Cat People di David Bowie e si chiude con Under Pressure, sempre del Duca Bianco ma in collaborazione con i Queen – tutti fortemente voluti dal regista David Leitch, che li ha mischiati con cover moderne di altri pezzi, sempre di quel periodo, all’insegna di questa commistione fra atmosfere da Guerra Fredda e taglio contemporaneo.

E si potrebbe parlare per ore di tutte le straordinarie tenute indossate da Charlize Theron durante il film – ma tutti i personaggi principali sono dotati di un loro codice estetico che si esprime in un tipo di abbigliamento molto particolare, come accade al post-punk David Percival, interpretato da un James Mc Avoy sempre in forma; o come accade all’agente francese Delphine Lasalle, per il cui ruolo è stata scelta Sofia Bautella, e ai suoi completi da rocker motociclista.

Su tutto, anche su una sceneggiatura che costringe ogni personaggio a fare i conti con i misfatti compiuti in servizio, spiccano le scene d’azione.

Brutali, serratissime, ad alta tensione, talmente coinvolgenti che durante gli allenamenti massacranti a cui si è sottoposta, Charlize Theron si è persino rotta un dente, punteggiano tutto il film e contribuiscono a far salire esponenzialmente l’adrenalina, ogni volta che la storia sembra adagiarsi su sequenze più tranquille e interlocutorie. Certo è che l’attrice sudafricana, in stato di grazia nel ruolo di Lorraine, proprio in queste scene dà il meglio di sé, senza preoccuparsi di perdere la messa in piega, sporcarsi, farsi ricoprire di lividi e di graffi, continuando a tenere testa anche al più agguerrito manipolo di agenti del KGB.

Il risultato finale è una fusione fra un action movie e uno spy movie d’epoca che vale tutti e 115 i minuti della visione e dimostra che, sì, un film di spie incentrato su una protagonista femminile è sicuramente una piacevole boccata d’aria fresca, dove i combattimenti non solo non mancano ma sono persino più acrobatici del solito.