Il romanzo Regina Blues di Antonello Loreto può essere considerato la biografia di una città. Dalla dedica dell'autore "A chi resiste. Alla mia città" s’intuisce che essa sia un’entità viva, descritta con l'amore viscerale di chi ha vissuto le piazzette, le viuzze, i locali e le costellazioni dei microcosmi familiari.

Di cosa parla Regina Blues

La trama ruota attorno alla lunga attesa della finale domenicale del torneo di calcio tra due licei cittadini. Racconto polifonico, in cui le intime storie narrate marcano stretto il lettore ma con fair play britannico.

I giovani protagonisti del romanzo rappresentano la memoria del limite, quel confine che separa le infinite possibilità dell'adolescenza da quelle concrete dell'età adulta. Regina Blues è un romanzo asciutto nello stile, diretto nel linguaggio, ma che possiede l'evocativa poeticità di una canzone dei The Doors. È un libro da leggere ascoltando un vecchio vinile. Tra le sue pagine s'incontrano le citazioni musicali più disparate, dai Duran Duran ai Deep Purple; la classica si mescola al soviet punk dei CCCP, le baritone vocalità dei The Smiths si dissipano come nebbia nelle linee acute dei Radiohead, come se esistesse una narrazione sotterranea celata in contrappunto.

Ma come a volte accade, proprio mentre siamo immersi nell'ascolto del nostro brano preferito che sta raggiungendo l'apice, la puntina salta.

"Il cielo si oscura, la terra lancia un urlo agghiacciante". La scossa narrativa contenuta in questo verso impone di rallentare la lettura, di prestare maggiore attenzione alle parole, alla loro forma e a quello che ne consegue: un lento, straziante, funereo blues. Blues, parola intraducibile come è intraducibile il dolore per la perdita, nel senso più ampio del termine.

Ci si deve convivere, ma ti resta un velo nello sguardo. Non v'è grido di accusa tra le righe del testo, c'è l’amore per la vita, la malinconia, il cordoglio, la voglia di andare avanti e di resistere.

La vita è un attimo

La strada per la rinascita è illuminata dal monito postumo di un personaggio apparentemente marginale, che ha i tratti della Sibilla Cumana.

Sono parole necessarie, quelle della zia Benedetta, lasciate in memoria in un attimo di lucidità: "Non sprecate il vostro tempo"; in esse vi è il riverbero del prof. Keating e dei Beatles: "Carpe diem, and let it be". A fine lettura quello che ti resta addosso è il ricordo di una quercia secolare, lacerata dall'accidente di un fulmine a ciel sereno, di polvere e terriccio da cui emergono radici (intimamente) ancorate alla terra, caparbiamente viva.