Francesco Aloia, 26 anni, è una delle voci emergenti della narrativa italiana. Ha esordito con il romanzo Questo sangue masticato, un’opera in cui intreccia memoria personale e storia familiare, affidandosi al ricordo della nonna Ada per rileggere le radici e le ferite del passato. Al centro del libro c’è la figura del nonno Tanino, attorno alla quale si muovono le vite e i destini dei personaggi: un ruolo complesso da restituire sulla pagina, ma che ha permesso all’autore di conquistare attenzione e riconoscimenti. In una intervista esclusiva rilasciata a Blasting News, Aloia ha raccontato il suo percorso di scrittura e le nuove sfide letterarie che lo attendono.

A tu per tu con Francesco Aloia

Quanto è stato complicato scrivere un libro che ripercorre la storia della tua famiglia, mettere insieme i pezzi e ricostruire, diventando quasi un giornalista?

È stato complicato, ma allo stesso tempo molto divertente. La fase di raccolta delle informazioni è stata quella più stimolante, anche perché i ricordi su un personaggio riportati da un fratello potevano contrastare con quelli di un altro, e non sempre tutto combaciava. In questo approccio c’è qualcosa di simile al giornalismo: mi piace l’idea che, pur scrivendo un libro di narrativa, si insegua una verità – la “vera verità”, come farebbe un giornalista – ma al tempo stesso si vadano a inseguire anche degli ideali.

Consideri la scrittura la tua salvezza e il tuo rifugio?

Allora, la salvezza no: non mi sentivo da salvare. In generale, un rifugio sì, o comunque un posto comodo dove stare, perché attraverso la scrittura riesco a spiegarmi tante cose che non capisco: le dinamiche tra le persone e il modo in cui vanno le cose del mondo.

Sei entrato nella terna finalista del Premio Flaiano under 35: che emozione hai provato?

È stato molto bello ed emozionante: ero il più giovane e spero di ritornarci con un altro romanzo, magari per vincere stavolta. In generale è stata un’esperienza bellissima, con una grande accoglienza e una manifestazione di alto livello.

Come definiresti il ​​tuo romanzo?

Allora, lo definirei un romanzo familiare.

Non so, forse il ritratto di un personaggio attraverso le testimonianze diverse di tutti i suoi figli. Oppure una serie di tre duelli che si susseguono e scandiscono i destini e le vite di chi sta intorno a chi combatte questi duelli.

una storia di famiglia segnata da sventure e risalite: quali sono i tuoi riferimenti?

Per quanto riguarda il romanzo, ci sono delle analogie con I Malavoglia di Giovanni Verga, ma in generale con tutti i grandi libri che pongono i destini delle famiglie al centro. La sventura di nuclei che restano uniti, nonostante difficoltà e frizioni interne, rappresenta per me uno dei topoi più affascinanti della narrativa: quello che mi soddisfa di più, perché mi piace vedere una famiglia come un unico personaggio fatto di tanti arti.

I progetti futuri

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Stai già pensando alla scrittura di un nuovo romanzo?

Sì, sto scrivendo un nuovo romanzo, stavolta ambientato in un paese inventato dell’hinterland campano, nella provincia di Napoli. Anche questa volta al centro c’è una famiglia, ma con una visione da tragedia shakespeariana.

Se fossi rimasto nella tua terra natia, pensi che non saresti mai riuscito a realizzare un romanzo simile?

Probabilmente avrei scritto qualcosa di diverso se fossi rimasto lì, perché finché vivevo a Marano tutto quello che desideravo era qualsiasi cosa tranne Marano. Avrei raccontato di tutto tranne Marano, perché era un posto che mi soffocava, mi stava stretto. Solo quando me ne sono andato, crescendo lontano da casa, ho capito i valori che la rendono unica rispetto a molti altri luoghi: più raccontabile e affascinante di tanti posti che ho visto dopo.