Di recente, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4428/2015 ha sancito il divieto di ricorrere ai Tribunali e quindi alle cause giudiziarie, per il recupero di crediti di piccolo importo, pena l'annullamento della domanda giudiziale proposta. Queste “linee guida” valgono per i crediti strettamente ricollegati al carattere patrimoniale della situazione da tutelare, e non anche per interessi di natura anche non economica (ad esempio danno all’immagine). Quindi, nel caso in cui sia da recuperare un credito di modesto importo, avente natura strettamente patrimoniale, allora bisognerà fare ricorso alla mediazione/conciliazione ovvero agli strumenti c.d.
di alternative dispute resolution.
Qual è il valore modesto che impedisce l’azione giudiziaria?
Le cause di basso valore economico che non “valgono” la proposizione della domanda giudiziale sono quelle che un tempo venivano ricondotte alle c.d. “cause bagatellari”: la Cassazione non stabilisce un valore minimo per adire il Tribunale ma parlando solo di “crediti di poco valore” apre la strada anche a diverse interpretazioni. Ad ogni modo, il caso affrontato dai Giudici della Corte di Cassazione riguardava un credito di poco superiore ad euro 30,00 che resta comunque a titolo esemplificativo.
I giudici della Suprema Corte mettono un freno all’accesso alla giustizia ordinaria parlando di “abuso del processo” in questi casi limite.
Pertanto in tali simili casi il giudice di merito, prima ancora di istruire l’eventuale causa giudiziaria assegnatagli, deve rigettare la domanda avanzata per assenza delle condizioni di procedibilità dell’azione.
I crediti di basso valore economiconon vengono quindi tutelati dalla giustizia, la quale deve effettuare una sorta di bilanciamento degli interessi: quello dei singoli individui e quello della collettività, considerato che gravano su quest’ultima i costi della giustizia ed in ottica della spending review valutare bene come investire le risorse economiche del Paese.
Inoltre, si deve anche considerare che l’elevato numero delle cause pendenti nei Tribunalipregiudica sostanzialmente i tempi di definizione di quelle già in corso, con la conseguenza che i processi più significativi, dal punto di vista del valore economico ma anche di quello della tutela dei diritti, superano la cosiddetta ragionevole duratae lo Stato deve poi risarcire i cittadini che hanno ottenuto una decisione per le proprie cause proposte dopo molti anni (strumento di risarcimento previsto dalla Legge Pinto).