Mediaset, l’azienda televisiva di proprietà della famiglia berlusconi, è da tempo sotto il rischio di una scalata azionaria da parte di Vivendi, società francese che si occupa di media e comunicazione. In gioco, in questa operazione di intrighi internazionali, c’è il controllo dell’asset della più grande (e politicamente potente) azienda generalista privata italiana. Il mercato libero è anche questo, e le posizioni privilegiate durano meno di un battito di ciglia. Nel mondo "globalizzato" c’è sempre qualcuno che ha sufficiente denaro per comperare azioni di una società ed assumerne il controllo a scopo di lucro, o per questioni meramente strategiche.

La francese Vivendi ha iniziato a muovere le sue prime mosse di mercato (sembra proprio di parlare del gioco dei monopòli) stringendo un accordo commerciale proprio con Mediaset, e impegnandosi ad acquistare il titolo Mediaset Premium, salvo poi fare marcia indietro, mettendo in crisi l’asset e causando un danno economico all’azienda del Biscione. La risposta dei vertici di Cologno Monzese a questa operazione è stata di tipo giudiziario, e la guerra tra i due gruppi e potentati economici è stata definitivamente dichiarata.

Vincent Bolloré, l’AD di Vivendi, rappresenta la sesta generazione di una ricca famiglia di imprenditori bretoni ed è entrato nel salotto buono della Finanza italiana nel 2002, quando è stato invitato ad acquisire una piccola quota in Mediobanca (di cui oggi è il principale azionista con l’8%) e Generali.

Dopo aver gettato Mediaset Premium nella bufera ed aver fatto un notevole sgarbo all’ex-amico Berlusconi (grazie all’intercessione del magnate arabo Tarak Ben Ammar) ha rastrellato quote azionarie dai piccoli risparmiatori, passando da circa il 3% al 29% della società che intende scalare.

Silvio Berlusconi sta ora rispondendo all'attacco del suo avversario con una mossa strategica offensiva.

Deve aver pensato che, in fondo, il calcio e la Borsa sono un po’ da considerarsi la stessa cosa, e che la miglior difesa è sempre l’attacco (e fondamentale è il possesso palla). L’accordo internazionale che prevede l’investimento in Studio 71 (tra i primi 5 operatori al mondo nella grande rete di produzione e distribuzione di contenuti multimediali) va proprio in questa direzione.

Per scrollarsi di dosso l’odiato rivale che tenta di sottrargli il giocattolo di famiglia, ha stretto un’intesa commerciale con la società tedesca Prosiebensat e la francese TF1 (guidata da Martin Bouygues, che agli italiani non dirà molto, ma che Bolloré conosce benissimo perché nel 1997 tentò di sfilargli dalle mani la proprietà delle sue aziende).

Questo accordo, paradossalmente, è vantaggioso sia per gli obiettivi di Berlusconi che per quelli di Bolloré, che può godere di un rialzo della quotazione del titolo azionario in suo possesso, e rientrare un po’ nelle spese che, a tutt’oggi, in merito alle operazioni di acquisizione dell'azienda italiana ammontano a circa 1,2 miliardi di euro. La prossima mossa di questa guerra?

Tutto è possibile, persino che i due odiati rivali vivano in pace per anni. Anche questa coabitazione forzata è il prezzo da pagare per la globalizzazione dei mercati.

"Stay hungry, stay foolish": non a caso queste parole le ha pronunciate uno dei più grandi affaristi visionari dell’era moderna. "Stay calm", invece, solo un politico di passaggio.