Dopo Borsalino, un'altro marchio storico della moda made in Italy ha dichiarato fallimento dopo diversi tentativi di trovare dei finanziatori che immettessero capitali freschi nell'azienda e dopo il tentativo, non riuscito, di trovare un accordo con i creditori attraverso una procedura concorsuale di Concordato Preventivo. Si tratta dell'azienda di pellami Braccialini. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di descrivere i motivi che stanno dietro questa scelta dolorosa del Consiglio d'Amministrazione dello storico stabilimento.

Il marchio sopravvivrà

Nonostante l'azienda, di fatto, sia fallita in quanto il Tribunale Fallimentare di Firenze ha rigettato la richiesta di omologazione del Concordato Preventivo per l'oggettiva impossibilità di soddisfare i creditori dell'impresa, il marchio Braccialini continuerà ad essere presente sul mercato in quanto nel corso del 2017 è stato ceduto a Graziella Group Spa, azienda di Arezzo che fa capo ad una Holding le cui attività spaziano dalla moda alle energie rinnovabili. Di conseguenza, la maggioranza dei lavoratori impiegati nella Braccialini non dovrebbero rischiare il proprio posto di lavoro. Non solo, ma il perdurare del marchio sul mercato testimonia della forza di un brand che solo particolari situazioni contingenti oltre, ovviamente, ad una inchiesta per bancarotta, che ha coinvolto almeno 25 persone attualmente indagate, poteva piegare.

Le motivazioni della dichiarazione di fallimento

Il Tribunale Fallimentare di Firenze ha riconosciuto che il Consiglio di Amministrazione ha cercato, in tutti i modi, di risolvere la situazione ricorrendo sia politiche idonee ad abbattere il peso degli oneri finanziari fino ad un massiccio ricorso alla cassa integrazione. Ma, come accennato, ha dovuto, purtroppo, rilevare come non vi sia alcuna certezza che hai creditori venga riconosciuto anche solo il 20% del proprio credito.

Di conseguenza, con la dichiarazione di fallimento la palla passa dal CdA, formalmente decaduto, al Curatore Fallimentare che dovrà gestire l'attivo rimanente costituito da alcuni marchi minori un magazzino e poco altro. Al rifiuto del Concordato avrebbe contribuito anche un giro di fatture gonfiate risalenti al 2016 emesse nei confronti di alcuni fornitori cinesi e che i giudici fallimentari hanno considerato quanto meno sconvenienti.

Ma, sicuramente, una parte importante nella crisi dell'azienda l'ha avuta anche l'inchiesta della Guardia di Finanza che vede indagate 25 persone, tra cui i titolari Riccardo e Massimo Braccialini, per bancarotta societaria da falso in bilancio in cui sono coinvolti anche i membri del CdA in carica nel 2016 quando la Braccialini era già in profonda crisi e, a questo scopo, avanzò richiesta di Concordato. Purtroppo, i guai per la storica azienda non sembrano finiti.