Il governo è insediato da meno di un mese, ma è un dato di fatto constatare come ogni giorno i due ministri di punta della coalizione gialloverde, Salvini e Di Maio, parlino degli argomenti più svariati, annunciando provvedimenti senza soluzione di continuità e spesso in settori che magari non sono esattamente di loro pertinenza. L'ultimo è stato Di Maio ieri, in materia di commercio internazionale, lasciando balenare la possibile introduzione di dazi sulle merci importate.

Le dichiarazioni all'Ansa sull'eventuale introduzione dei dazi sull'import

Egli infatti, ha rilasciato alcune dichiarazioni all'Ansa in merito alla possibile introduzione di dazi sulle merci importate da paesi che, "non rispettano le nostre specialità e rappresentano una minaccia con i loro prodotti a basso costo". Il punto però, è che la Politica commerciale è pertinenza dell'Unione Europea da molti anni e quindi, non è chiaro cosa il ministro intenda. E se è fuori discussione che tali provvedimenti non potrebbero essere presi ai danni di altri paesi membri dell'Ue, è altrettanto chiaro che fino a quando si è parte di tale consesso di stati, non è possibile prendere iniziative di tale portata in maniera unilaterale.

Perché i dazi sono un boomerang per l'Italia

Ma, legislazione europea a parte, ha senso per l'Italia, introdurre dei dazi, invocati tra l'altro anche da Salvini già in campagna elettorale? Ha senso prendere Trump come esempio? Evidentemente no, perché gli Usa hanno un mercato interno fortissimo che li rende importatori netti, mentre per noi vale l'esatto contrario: pochi sanno che l'Italia ha il terzo surplus commerciale dell'Unione dopo la Germania e l'Olanda e lo fa, essenzialmente con le esportazioni fuori dall'Ue.

Tale avanzo ammontava a fine 2017 a 47,5 miliardi di euro e le imprese italiane hanno esportato merci per 448 miliardi, con una forte crescita sui mercati cinesi e russo. In particolare è stata un'annata record per l'agroalimentare e il farmaceutico, settore nel quale siamo secondi dopo la Germania.

A questo punto nel momento in cui il ministro del Lavoro dichiara di voler mettere dei dazi sulle merci prodotte "in Paesi dove non esistono regole sul lavoro né sulla sicurezza", si riferisce probabilmente e classicamente a nazioni come la Cina, cioè al mercato in più forte espansione per le nostre merci.

Domanda: è pensabile per un paese il cui Pil è cresciuto l'anno scorso grazie all'export, mettere dei dazi all'import senza subire provvedimenti analoghi da parte dei destinatari di tali provvedimenti? Il buon senso e la storia ci dicono di no.