La querelle sui buoni pasto inutilizzabili continua a interessare migliaia di persone e a tenere banco anche in questo periodo estivo nel quale molti dovrebbero essere in ferie. Dopo l'intervento dei sindacati, come mettono in evidenza i principali quotidiani nazionali, tra cui il Sole24Ore, è intervenuto anche il Governo per bocca del ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, che ha definito "intollerabile" questa situazione di incertezza ed ha affermato la necessità di trovare delle soluzioni condivise in tempi brevissimi. Anche perché l'estate passa molto in fretta e presto molti dipendenti pubblici riprenderanno le loro normali attività lavorative.

Le dimensioni del problema

Dopo che la Consip, qualche giorno fa, ha revocato le autorizzazioni alla 'QuiGroup', risolvendo, di fatto, la convenzione concessa, la situazione è precipitata. Il motivo è presto detto. Secondo la centrale acquisti della Pubblica Amministrazione, QuiGroup si è macchiata di un reiterato, grave e rilevante inadempimento contrattuale.

Come ha spiegato all'agenzia di stampa 'Adnkronos' il segretario nazionale della Funzione Pubblica della Cgil, Salvatore Chiaramonte, sono coinvolti i dipendenti pubblici di almeno 5 Regioni. Cioè Lazio, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria. Solo tenendo conto degli statali, saranno almeno 50-60 mila dipendenti. A questi vanno aggiunti quelli degli Enti Locali e della Sanità.

E questo potrebbe voler dire circa 100 mila persone.

Occorre, poi, considerare che i dipendenti pubblici hanno diritto per contratto ai buoni pasto. Ecco perché, come sostenuto dal ministro Bongiorno, la soluzione deve essere trovata in fretta. E deve essere fatto prima della nuova gara della Consip per il 2019. Anche perché, se non verranno sostituiti con dei ticket utilizzabili, i vecchi buoni pasto non spesi potrebbero configurarsi, a norma di legge, come un arretrato che deve essere rimborsato al lavoratore in quanto facente parte della sua retribuzione.

Per quanto riguarda le singole amministrazioni pubbliche, queste potrebbero decidere di ovviare al problema con degli acquisti diretti. Ma, se la cosa è fattibile per le amministrazioni centrali e più grandi, lo è meno per quelle più piccole e per gli Enti Locali, sempre in lotta per far quadrare il bilancio. Per non parlare, poi, delle norme comunitarie che stabiliscono delle soglie precise per l'acquisto diretto di questo tipo di benefit e che, naturalmente, anche le amministrazioni più grandi sono tenute a rispettare. Queste soglie sono di 144 mila euro per le amministrazioni centrali e di 221 mila euro per tutte le altre, come precisa Repubblica.

Cosa possono fare i lavoratori

Secondo quanto affermato dal segretario nazionale della Funzione Pubblica, Salvatore Chiaramonte, sentito anche da Repubblica, le amministrazioni pubbliche dovranno essere rimborsate dalla QuiGroup ma, nel frattempo, i singoli lavoratori devono contattare la propria amministrazione, restituire i buoni pasto e, nello stesso tempo, chiedere il rimborso. Chiaramonte, inoltre, ha affermato che si sta analizzando attentamente la questione per valutare l'opportunità di attivare una vera e propria class action.

Intanto, come riferisce sempre Repubblica, alcune associazioni dei consumatori, tra cui il Codacons, minacciano azioni legali se non verranno presi provvedimenti. Azioni legali che potrebbero colpire sia l'azienda emittente i buoni pasto che gli esercenti che non li accettano. E questo, spiega il Codacons, per tutelare i titolari dei ticket che sono quelli economicamente danneggiati in misura maggiore.