La quota 100 è l’argomento più discusso delle ultime settimane e probabilmente sarà così fino al varo della legge di Stabilità elaborata dal governo Conte. Molti la attendono con ansia perché vedono nella misura la possibilità di andare prima in pensione, la misura però presenta delle controindicazioni come da tempo dicono illustri soggetti del mondo accademico ed economico e come riporta un eloquente articolo del noto settimanale generalista “Panorama” nell’edizione da oggi 7 settembre ed anticipato sul sito ufficiale del settimanale stesso. Le controindicazioni sono aumentate dopo le parole di Salvini che considera la quota 100 e le altre misure che consentirebbero una età pensionabile inferiore alle attuali norme come la panacea per la disoccupazione crescente.

Mandare in pensione la gente prima, libera posti di Lavoro e rilancia l’occupazione: questo in sintesi il pensiero del leader della Lega nonché vice premier dell’attuale esecutivo. Ma secondo il settimanale e secondo gli economisti non è così, anzi, il mandare in pensione prima i lavoratori potrebbe sortire l’effetto contrario.

La questione coperture ed il costo del lavoro

Il governo Lega-5Stelle da tempo indica la quota 100 come misura da lanciare nella prossima legge di Bilancio. Quando l’età anagrafica e i contributi versati sommati arrivano a 100, i lavoratori potrebbero lasciare il lavoro: questo il meccanismo dell’ipotesi del governo e secondo Salvini, a qualsiasi età si completi la quota.

Chi ha 38 anni lavoro e raggiunge i 62 anni di età, secondo l’esempio del vice premier, potrà mettersi a riposo anticipando di oltre 4 anni la quiescenza. Secondo Salvini, mandare in pensione questo lavoratore vale un posto di lavoro e mezzo in più. In pratica, per un lavoratore che va in pensione si libera più di un posto di lavoro perché la pensione erogata al neo pensionato, verrebbe coperta dai nuovi contributi da lavoro versati dal giovane che subentra nel posto di lavoro vacante.

Così secondo Salvini si potrebbe coprire in parte la quota 100, tesi questa avvalorata anche dagli imprenditori che si sono confrontati con il Ministro degli Interni promettendo di iniziare ad assumere giovani al posto dei dipendenti più anziani se mai dovesse essere varata la misura.

Lo scetticismo è tanto

Ma è davvero così?

Secondo Boeri, Damiano e la Fornero, tanto per citare i più noti soggetti critici verso la quota 100 di Salvini e del governo, la misura potrebbe non servire in ottica di contrasto alla disoccupazione. Una economia che funziona non crea posti di lavoro mandando a casa qualcuno, ma ne crea indistintamente per giovani e anziani. Questo il concetto espresso più volte dalla professoressa Fornero, colei che dà il nome all’ultima vera riforma pensionistica di cui si ha memoria, quella del governo Monti.

Un concetto molto simile è quello presente nell’articolo del settimanale Panorama. Secondo l’articolo anni fa due economisti, Vincenzo Galasso e Tito Boeri (all’epoca non era ancora il numero uno dell’Inps), hanno anticipato la risposta al quesito che si pongono molti italiani dopo le parole di Salvini: il mercato del lavoro non è come un ambulatorio di un dottore, dove ad un paziente che esce ne subentra un altro, ma è influenzato da innumerevoli varianti e situazioni particolari.

Mandare in pensione i lavoratori prima come età, crea un costo nel sistema che va coperto con un aumento del costo dei contributi previdenziali a carico di chi è ancora al lavoro. L’aumento degli importi dovuti per i contributi previdenziali a carico delle aziende per i propri dipendenti, sono un pesante disincentivo per le aziende stesse ai fini di prevedere nuove assunzioni.

Gli anni 70 e 80, secondo il settimanale, con la disoccupazione elevata che c’era ne sono la prova inconfutabile, perché in quelle stagioni si poteva mandare in pensione i lavoratori molto presto (intorno ai 50 anni di età).