In questo mese di settembre 2018 è prevista una riunione della BCE estremamente importante. Durante questa riunione, infatti, la BCE dovrebbe confermare che il Qe, il programma di stimolo monetario, non proseguirà oltre quanto stabilito precedentemente. In pratica, gli acquisti di Titoli di Stato dei Paesi membri termineranno a dicembre 2018 secondo la maggioranza degli addetti ai lavori. Infatti, anche se la stessa BCE non ha mai detto ufficialmente che la decisione di chiusura dello stimolo sia definitiva lo stato attuale dell'economia europea, a meno di eventi straordinari che possano indurre l'Eurotower a tornare sui suoi passi, fa propendere per la fine degli stimoli.

Le motivazioni della probabile chiusura del Qe

Come evidenziato dal quotidiano Il Sole24ore, sono diverse le ragioni che dovrebbero portare la BCE a dichiarare la fine della politica monetaria ultra-espansiva determinata dall'introduzione del Qe. Innanzitutto, le banche hanno ricominciato ad erogare prestiti alle imprese in maniera stabile. Il Qe, infatti, era stato introdotto per evitare un eccessivo restringimento del credito alle imprese. Infatti, le banche avevano iniziato ad acquistare titoli di Stato a man bassa e di conseguenza ad appesantire i propri bilanci. La Banca Centrale europea ha funzionato così da prestatore di ultima istanza liberando gli istituti di credito da questa 'marea' di carta.

Questi ultimi hanno potuto, quindi, ricominciare ad erogare prestiti.

D'altra parte l'acquisto massiccio di titoli di Stato da parte della BCE ha immesso nel sistema economico un'elevata quantità di denaro liquido. E se dovesse continuare questo tipo di politica potrebbe dar luogo a degli effetti 'collaterali' distorsivi di tipo prettamente inflazionistico paventati anche dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann.

Anche se, a dire il vero, durante tutto il Qe l'inflazione core si è mantenuta estremamente bassa. Questa, al netto delle componenti più volatili come i prezzi dell'energia, dovrebbe attestarsi intorno all'1,2%. Questo nonostante i prezzi dei beni non energetici siano tornati a crescere in media dello 0,3% annuo e nonostante il fatto che i tassi d'interesse dovrebbero continuare ancora per più di un anno a mantenersi a quota zero. Di conseguenza, potrebbero verificarsi pressioni sui prezzi nei mesi avvenire.

Anche la crescita economica della zona euro, anche se evidentemente rallentata negli ultimi tempi, sembrerebbe essersi stabilizzata. Quindi, per convincere la BCE a non interrompere la politica di stimolo servirebbe una contrazione del Pil veramente notevole che non è probabile possa verificarsi in queste condizioni. Anche la disoccupazione, a livello europeo, ha raggiunto un minimo storico fissandosi all'8,2%. Un valore così basso non si registrava dal 2008.

Un punto di vista opposto

D'altra parte, secondo un recente studio condotto dal The European House - Ambrosetti con la consulenza del nostro Carlo Cottarelli, se si dovesse verificare una nuova crisi economica senza lo scudo del Qe l'Italia potrebbe ritrovarsi a pagare un conto molto salato quantificato in circa 22 miliardi di euro.

Lo studio menzionato, infatti, ha effettuato delle simulazioni sullo scenario economico italiano in 9 differenti casi di crisi dal più favorevole al peggiore. Quest'ultimo prevede una crisi già nel 2020 con una notevole contrazione del Pil dell'ordine del -5% e il rapporto debito pubblico/Pil al 150%. Ovviamente, prima di questo estremo vi sono dei casi intermedi. Ma lo studio ha identificato un denominatore comune. Questo è dato dal fatto che dal mese di aprile 2018 i conti pubblici italiani hanno subito un graduale ma costante peggioramento a causa dell'aumento dello Spread e del contemporaneo abbassamento delle stime di crescita nel 2018 rispetto a quanto dichiarato nel Def.

Il timore è che, in assenza del Qe, la situazione possa anche peggiorare nonostante le rassicurazioni o le speranze degli esperti della BCE. Sopratutto se i mercati dovessero ricominciare a temere che l'italia voglia uscire dall'Euro o lo Spread dovesse tornare a salire.Aspetti sui cui il Governo starebbe lavorando come dimostrano anche le ultime dichiarazioni del ministro dell'Economia Giovanni Tria.