I ministri degli esteri e della difesa europei hanno approvato un intervento militare per individuare, sequestrare e disattivare le barche usate dai trafficanti per trasportare gli immigrati clandestini dalle coste libiche verso l'Europa. Una volta ottenuto il sostegno necessario delle Nazioni Unite, i capi militari prenderanno "tutte le misure necessarie" contro i barconi usati dai trafficanti. Il testo finale, però, omette il riferimento esplicito alla distruzione delle barche, questo specifico passaggio ha creato malumori e dubbi, in primis da parte della Germania, perciò la parola alternativa usata è "disattivare".

L'operazione, denominata "EUNAVFOR MED", si dovrebbe concretizzare entro giugno, sempre che la UE vinca le resistenze di alcuni membri del Consiglio di sicurezza dell'ONU, in particolare la Russia. L'Unione Europea entra così in un territorio sconosciuto per smantellare un traffico illegale dietro il quale si muovono le mafie che gestiscono il commercio di immigrati verso il Mediterraneo, colpevoli anche della morte in mare di coloro che non riescono a raggiungere terra.

"Abbiamo dimostrato che, quando c'è la volontà politica, si può agire in fretta", ha ammesso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Federica Mogherini. Al di là di queste rassicuranti dichiarazioni, però, esiste una profonda divergenza fra gli Stati europei su come gestire l'emergenza dell'immigrazione clandestina.

La crisi migratoria sta diventando sempre più una "prova" in merito alla gestione politica della UE. A parte le questioni economiche, legate alla moneta unica, la UE non ha mai dato grande prova di essere in grado di incidere, nei confronti degli Stati membri, al fine di realizzare una vera collaborazione unitaria su questioni che riguardano le politiche sociali e la solidarietà.

La decisione di ieri 18 maggio è diventata il metodo di paragone della reale volontà di cooperazione dei partner europei. Se non sarà possibile unire gli Stati nemmeno di fronte a una tragedia umana come quella che si sta verificando nel Mediterraneo, a quel punto non avrebbe senso l'Europa stessa.

Si devono trovare i mezzi per impedire che decine di migliaia di persone rischino la vita in mare per colpa di criminali senza scrupoli e non si possono lasciare soli i Paesi più colpiti dal fenomeno.

L'Italia, ma anche Spagna, Grecia e in parte la Francia, non possono assumersi da soli questa responsabilità e le misure da adottare dovrebbe essere nel quadro di una legalità internazionale. Ma quando ci si trova in una situazione diversificata, dove il nord Europa non si sente coinvolto dal fenomeno mentre il sud soffre il problema, è allora che la UE mostra tutte le sue limitazioni e debolezze. L'esempio classico di divisione lo abbiamo letto in questi giorni su tutti i giornali, quasi la metà dei Paesi membri non accettano di accollarsi quote di immigrati e il fronte del "no" si sta allargando man mano che passano i giorni, lasciando quindi ad altri il problema.

Il progetto europeo prevede l'unione degli Stati membri affinché siano superate le questioni basilari che riguardano tutti i cittadini, e l'immigrazione è di certo la questione più fondamentale di tutte. Ora l'Europa rischia di fallire proprio in questo, dimostrando così che non è ancora pronta e all'altezza della sfida.