I greci, con Yannis Varoufakis in testa, continuano ad ostentare ottimismo circa la prossima conclusione di un accordo con i "creditori internazionali", ma tale ottimismo non è condiviso dalle controparti, che invece in più d'una occasione hanno rimarcato in questi giorni come si sia molto lontani dall'accordo.

La Grecia è notoriamente in condizioni finanziarie disastrose, come disastroso è lo stato della sua economia, che è tornata in recessione. La disoccupazione giovanile è a livelli insostenibili, peggio di quella italiana; in crescita la povertà e addirittura le condizioni di malnutrizione di bambini e adolescenti.

Il Paese è allo stremo e sembra per certi versi di essere tornati alla seconda guerra mondiale o all'immediato dopoguerra. In questo contesto si trovano ad agire i rappresentanti del popolo greco.

Le parti in realtà sono molto distanti, in particolari su temi caldi come il lavoro e l'imposizione fiscale. I creditori reclamano una maggiore flessibilità nei rapporti di lavoro e tagli alle pensioni, corrisposte secondo un criterio prevalentemente retributivo. Un altro punto critico è rappresentato dall'Iva, non armonicamente fissata, con molte aliquote e diverse esenzioni. Il governo greco non vorrebbe trovarsi costretto ad aumentare l'Iva per esempio su generi alimentari e carburanti, comunque su beni di prima necessità.

L'aumento dell'Iva porterebbe però nelle casse di Atene immediate liquidità. Si potrebbe perciò pensare di tassare maggiormente i beni di lusso e di avviare una reale patrimoniale.

Il governo greco aveva offerto una tassazione del 15% sui depositi di greci all'estero (una sorta di scudo fiscale) e del 25% sui depositi dei più ricchi in Grecia ed una tassa sui prelevamenti di danaro con il bancomat, fortunatamente accantonata ma che ha avuto il "merito" di spingere migliaia di cittadini a ritirare i propri depositi dalle banche.

Intanto proprio oggi da Berlino, dove si tiene il G7, Germania e Francia si sono dette disposte a dare una mano alla Grecia per aiutarla ad evitare il default e quindi l'uscita dall'euro. Christine Lagarde non sarebbe però dello stesso parere

Il fronte interno

In Grecia il governo di Tsipras dispone di una maggioranza in Parlamento non particolarmente elevata e la sinistra interna al partito, raggruppata attorno anche ad alcuni ministri e sottosegretari, è ormai al 44%.

La sinistra di Syriza preme perché si attuino alcuni importanti punti del Programma di Salonicco, tra cui in particolare la nazionalizzazione delle banche, le tasse sul lusso, la tassazione dei potenti armatori.