Corrono i primi mesi dell'anno in corso quando la petizione popolare "Volksbegehren", così denominata, supera il vaglio della Corte Costituzionale e del Ministero degli Interni. Conseguentemente alla presentazione di ben 10mila firme convalidate, lo stesso Ministro dell'Interno si è visto costretto ad accettare il "principio di iniziativa popolare" della suddetta istanza. Il risultato finale? A partire dal 24 giugno, quindi fra pochi giorni, fino al 1 luglio, i cittadini austriaci potranno recarsi presso il proprio comune di residenza per esprimere la propria volontà in merito al prosieguo della permanenza nell'Ue, oppure uscirne del tutto. Questo semplice e legittimo strumento di democrazia diretta prevede che, qualora venisse raggiunta la cifra minima di 100mila sottoscrizioni a favore del distaccamento dall'Unione Europea, il Parlamento debba discutere di un testo di legge con assoluta priorità, o indire un referendum in merito alla questione posta in essere, il cui esito risulterebbe vincolante per il legislatore.
Se si dovesse decidere per il primo dei due casi possibili, la disquisizione, come ovvio, appunto, dovrà essere incentrata sul tema riguardante il rimanere o non rimanere nell'Unione. Tuttavia, molta speranza e fiducia ha ragione di essere riposta nel secondo caso, che, tenuto conto della pluriconsolidata democrazia austriaca, in riferimento a casi anteposti a quello odierno diversi solo nel contenuto, ma non nella forma, verrà di certo indetto il referendum, stabilito entro i tre mesi successivi, presumibilmente in ottobre.