Il governo ungherese ha annunciato che allargherà il “muro” nella frontiera con la Romania per limitare l’arrivo di rifugiati. La decisione di preparare la costruzione di questo divisorio è stata confermata dal ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó all’agenzia locale MTI. Il muro arriverà fino al fiume Maros, a 20 chilometri dalla frontiera con la Serbia.

I NUMERI DELLA CRISI

Secondo l’agenzia Frontex, che controlla il flusso migratorio all’interno dei Paesi europei, più di 500mila persone sono arrivate all’Unione Europea tra gennaio e agosto del 2015.

Nello stesso periodo del 2014 la cifra era di circa 280mila persone. Un bilancio che non tiene conto dei profughi che sono stati respinti dalla Grecia e dall’Ungheria.L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) ha contato più di 464.876 migranti nel Mediterraneo. Secondo l’ultimo rapporto più di 340.991 rifugiati sono arrivati in Grecia, 121.619 in Italia e altri 2.166 in Spagna. L’organizzazione ha stimato che circa 2.800 persone sono morte nel tragitto.

OLTRE LE CIFRE

Ma la crisi va oltre le statistiche. Per Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, il dato importante riguarda il numero dei minori non accompagnati che si presume sia di 12 mila unità. In un’intervista con Blasting News, Iacomini ha spiegato che “secondo le statistiche ufficiali della Repubblica Jugoslava di Macedonia, 64.500 migranti e rifugiati hanno attraversato il confine da giugno a settembre.

Tra questi sono stati registrati più di 1600 minori non accompagnati. Circa 25 mila bambini non accompagnati richiedenti asilo sono entrati nell’Unione europea nel 2014. 174 dei richiedenti asilo nell’Ue sono bambini”.

BAMBINI DELLA GUERRA

La fotografia di Aylan, il bambino siriano morto sulla spiaggia turca mentre cercava di raggiungere l’Europa, ha causato molto scalpore.

Ma com’è la situazione dei bambini rifugiati? Iacomini ricorda tutte le foto e che sono state viste in questi anni: “Quanti corpi di bambini indifesi uccisi e violati per colpa di una guerra che loro non capiscono e non meritano di subire. Questi bambini camminano per giorni, hanno bisogno di tutto, hanno fame, sete, sono stravolti.

Senza dimenticare i traumi psicologici che hanno dovuto subire. A casa loro la guerra, in Europa in alcuni casi condizioni difficili da gestire, mancanza di strutture adeguate, genitori picchiati e malmenati ai confini e governi in alcuni casi che alzano muri. Questo contro ogni dettame della Convenzione del 1989 che hanno ratificato tutti gli Stati che dovrebbero impegnarsi per la protezione e il superiore interesse dei minori. Trattato oramai sistematicamente violato”.

PREMIO NOBEL PER LA PACE

Per affrontare la crisi di immigrazione, all’Unione europea manca l’idea di sentirsi una cosa sola contro gli egoismi nazionali ed una nuova grande cultura della pace. “L’Unione europea dimostri di essere Premio Nobel per la Pace proprio aprendo una grande, nuova azione diplomatica per porre fine non solo al conflitto siriano ma al dramma iracheno, agli eccidi in Yemen al caos in molte regioni africane come Nigeria Sud Sudan Centrafrica”, ha detto Iacomini.

NON È UN VIAGGIO

E cosa fare di concreto? In Italia l’impegno di Unicef si concentra sulla rete di volontari e il dialogo continuo con il governo per il monitoraggio dei bambini che entrano nel nostro Paese. “Abbiamo inoltre da poco lanciato una grande campagna dal titolo ‘Non è un viaggio è una fuga. Bambini in pericolo’. La campagna si pone l’obiettivo di raccogliere fondi per aiutare i bambini nelle zone di crisi da cui partono molti dei flussi migratori: Siria, Iraq, Nigeria, Somalia e Sudan”, ha spiegato Iacomini.