Resta per il momento un sogno lontano la possibilità di ottenere una salvaguardia per la situazione di disagio nella quale sono stati catapultati moltissimi lavoratori in seguito all'introduzione della legge n. 214 del 2011, conosciuta anche come Riforma Fornero. Circa tre anni fa il sistema previdenziale è stato trasformato per garantirne la sostenibilità, ma questo ha significato lacrime e sangue sulle spalle dei lavoratori. Alcune delle situazioni più difficili si sono create proprio per coloro che erano in prossimità di accedere al pensionamento.

L'innalzamento dei vincoli anagrafici è stato così improvviso, da aver creato delle situazioni limite: è il caso dei lavoratori precoci, che hanno iniziato in giovanissima età a lavorare e che ora si trovano senza la possibilità di accedere alle tutele previdenziali, nonostante decenni di versamenti. Ma vivono una situazione analoga anche coloro che hanno svolto lavori usuranti e che ora faticano a mantenersi attivi; per non parlare dei quota 96 nella scuola (che il diritto al pensionamento l'avrebbero in realtà già maturato) o dei disoccupati in età avanzata, che difficilmente potranno rendersi nuovamente produttivi e che al contempo restano esclusi dall'Inps.

La legge di stabilità delude le aspettative: ignorati i problemi della previdenza?

Di tutta l'ampia platea che contempla i lavoratori disagiati, gli unici ad aver trovato una salvaguardia restano per ora i lavoratori esodati, ovvero coloro che il Governo Renzi ha considerato più deboli poiché esclusi contemporaneamente sia dal lavoro che dalle ordinarie tutele di welfare. Per loro è arrivata recentemente la sesta sanatoria, approvata dal Parlamento e orientata a garantirli fino al 2016.

Per allora, si spera che l'esecutivo sia riuscito a trovare la quadra all'interno del vasto campo del disagio previdenziale. Purtroppo le aspettative degli altri lavoratori sono state deluse dalla legge di stabilità 2015, che seppur escludeva interventi generalizzati, lasciava almeno degli spiragli d'intervento per le situazioni più difficili.

Al centro dell'attenzione vi era il cosiddetto "Progetto Damiano", con il quale si sarebbe potuto offrire il pensionamento con 35 anni di età e 62 anni di contribuzione, accentando una penalizzazione della mensilità erogata del 2% per ogni anno mancante rispetto ai requisiti formali. Il nulla di fatto è arrivato a causa dei costi stimati dalla Ragioneria dello Stato e dai tecnici del Ministero dell'economia: dai 30 ai 40 miliardi complessivi, decisamente troppo per le casse di uno Stato sovra-indebitato durante un periodo di recessione.

Per i pensionati nuove misure: unificazione dei pagamenti al 10 del mese, aumento della tassazione per le Pensioni private

Nel frattempo a preoccuparsi sono coloro che un assegno previdenziale già ce l'hanno: con la legge di stabilità potrebbe arrivare una triplice stangata, dagli effetti anche molto pesanti sui pensionati.

La prima riguarda le misure di aumento della tassazione del secondo pilastro: le casse previdenziali dei professionisti vedranno un aumento dell'imposizione dal 20% al 26%, mentre i fondi integrativi dall'11,5% al 20%. A questa misura si aggiunge l'unificazione dei pagamenti dell'Inps, che a partire da gennaio 2015 avverranno tutti al 10 del mese. Infine, anche il TFR ricevuto dal lavoratore in busta paga potrebbe subire un aumento della tassazione.